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Quando dobbiamo affrontare i problemi della vita spesso ci troviamo incastrati nel cosiddetto “Paradosso del Lampione”. Se non lo conosci, lo subisci.

 

“La felicità non deriva dall’assenza di problemi, ma dalla capacità di affrontarli.”

Steve Maraboli.

Stazione ferroviaria di Bologna. Giovedì pomeriggio. Sono appena arrivato da Milano e mi avvio verso l’uscita.

Due tecnici hanno momentaneamente bloccato le scale mobili che risalgono dai binari, per una manutenzione straordinaria. Non è un orario di punta e i pochi passeggeri scesi dal treno prendono in mano trolley, borse e rassegnazione e si avviano verso le scale di servizio distanti una cinquantina di metri.

Tutti tranne uno.

Un signore distinto, sulla quarantina, decide di risalire, al CONTRARIO, le scale mobili che portano al binario (ancora attive). La scena ha del grottesco. “Mr. Fox” arranca in salita con tutte le sue forze: ad ogni gradino perde un paio di anni di vita, sbuffa, impreca, inciampa, ma come se fosse impossessato da quel “demonio” di Zatopek, insiste imperterrito nella sua lotta contro la gravità e la meccanica. Dopo interminabili minuti di agonia, il novello Don Chisciotte arriva finalmente in cima e se ne va, non prima però di aver lanciato agli altri passeggeri uno sguardo di disprezzo misto ad auto-celebrazione.

Insomma, un pirla.

Un pirla che però mi ha ricordato che quando ci troviamo ad affrontare i problemi della vita, spesso ci comportiamo esattamente alla stessa maniera. Non ce ne rendiamo conto, lo neghiamo, ma di fatto preferiamo di gran lunga:

“ripetere azioni sbagliate, ma in qualche modo familiari, piuttosto che provare nuove strade.”

Questo atteggiamento può essere ricondotto a quello che si definisce il “Paradosso del Lampione“.

Se da anni ti ritrovi a sbattere il muso contro lo stesso “muro”, in questo articolo scoprirai cos’è il “Paradosso del Lampione” e come liberartene utilizzando uno strumento pratico per affrontare i problemi della vita… EfficaceMente.

Il Paradosso del Lampione

La definizione “Paradosso del Lampione” deriva da questa storiella:

Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa. Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa abbia perduto. ‘La mia chiave’, risponde l’uomo, ed entrambi si mettono a cercarla. Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto chiede all’uomo ubriaco se è proprio sicuro di averla persa lì. L’altro risponde: ‘No, non qui, là dietro; solo che là è troppo buio’.

Tratta da “Istruzioni per rendersi infelici” di Paul Watzlawick.

Il signore distinto alla stazione di Bologna, l’ubriaco della storiella, noi stessi, di fronte alle sfide della vita, siamo troppo spesso prigionieri dei “lampioni” che abbiamo in testa. Ovvero di quelle soluzioni che abbiamo adottato con successo in passato e che continuiamo a voler adattare con testardaggine a qualsiasi problema ci si pari di fronte.

Provare nuove strade ci costa troppa fatica. Pur consapevoli che non troveremo la “chiave” dei nostri problemi laddove la stiamo cercando, preferiamo rifugiarci sotto la calda luce dei nostri “lampioni”, piuttosto che iniziare a cercare soluzioni efficaci nel buio di ciò che è nuovo e sconosciuto. Esiste un’alternativa?

Affrontare i problemi attraverso il problem solving strategico

Se mi segui da un po’ saprai che sono un estimatore del Prof. Giorgio Nardone. Ho avuto modo di intervistarlo ed ascoltarlo dal vivo in più occasioni e ne apprezzo approccio, studi e carisma.

Nardone è il fondatore, insieme a Paul Watzlawick, del Centro di Terapia Strategica di Arezzo (CTS), ed è considerato un esponente di rilievo della Scuola di Palo Alto, uno dei più prestigiosi centri di psicoterapia statunitensi. Oltre all’attività clinica, il Prof. Nardone è famoso anche per aver ideato il modello di problem solving strategico.

Nell’articolo di oggi voglio mostrarti come applicare i principi cardine di questo modello per individuare soluzioni innovative agli inevitabili ostacoli presenti lungo il nostro percorso di crescita personale. Nello specifico vedremo quali sono i 3 passaggi chiave per affrontare un problema, evitando il “Paradosso del Lampione”.

Definisci il problema

“Se avessi un’ora per salvare il mondo, per 55 minuti definirei bene il problema.”

Albert Einstein.

Definire il problema: banale, giusto? Eppure quante volte lo facciamo sul serio? Quante volte ci ritagliamo un po’ di tempo per capire davvero cosa abbiamo di fronte, cosa ci sta bloccando? Direi che sono pochine. Privi del nostro “albero dei guai“, lasciamo invece che le preoccupazioni ci divorino da dentro, ingigantendo le ombre dei nostri problemi a dismisura.

In che modo, dunque, possiamo definire meglio il nostro problema?

Nardone naturalmente è un maestro del cosiddetto “dialogo strategico“, ovvero una sequenza di domande ben calibrate, sviluppata in anni di ricerche. Esiste tuttavia anche un’alternativa più semplice ed immediata, ovvero utilizzare le classiche domande dell’analisi logica:

  • In COSA consiste il problema che stiamo affrontando?
  • DOVE si presenta? Ovunque? solo in certi contesti?
  • QUANDO si manifesta? Sempre? Con cadenza regolare? In modo imprevisto?
  • Con CHI si presenta? È un problema che hai con i tuoi colleghi di lavoro? con il tuo partner?
  • COME si concretizza il problema?

Naturalmente non tutte le domande sono necessarie per definire il NOSTRO problema. Ce n’è però una che sicuramente NON dobbiamo porci: “PERCHÉ ho questo problema?”.

Questo passaggio del modello di problem solving strategico appare controverso, ma Nardone ne dà una spiegazione molto convincente. Se ti va, ne parliamo nei commenti dell’articolo ;-)

Individua gli obiettivi

“Nel momento in cui accettiamo i nostri problemi, le porte delle soluzioni si spalancano.”

Rumi.

Non solo non ci prendiamo la briga di definire correttamente i problemi che stiamo affrontando, spesso non pensiamo neanche a come vorremmo che andassero le cose una volta risolti.

Insomma, frigniamo di continuo per quello che non va nella nostra vita e al massimo ci limitiamo a generici: “voglio avere un lavoro migliore“, “voglio stare meglio“, “voglio andare bene all’università“, “voglio migliorare il mio aspetto fisico“, GneGneGne GneGneGne.

Così non andiamo da nessuna parte. Se vogliamo davvero affrontare i problemi della nostra vita, innanzitutto li dobbiamo “fotografare” in modo cristallino (cosa, dove, quando, chi, come), ma poi dobbiamo anche avere chiaro in testa quali sono i traguardi concreti che, una volta raggiunti, ci faranno affermare, senza ombra di dubbio, di aver risolto le nostre difficoltà.

Per intenderci, se hai un problema di soldi e magari lo hai anche ben “fotografato”, poi deve esserti altrettanto chiaro quando il problema può definirsi risolto. Magari non devi necessariamente diventare milionario, magari il tuo obiettivo primario è semplicemente quello di avere entrate sufficienti a coprire le tue uscite più importanti.

Ecco, se ti è chiaro il problema e ti è chiaro l’obiettivo che devi raggiungere, la tua “nebbia mentale” si dirada di molto. A tal proposito, per capire come definire degli obiettivi in modo efficace, ti rimando a questo mio articolo (come avrai modo di leggere, qui il “perché” è importante invece).

Affronta il problema in modo strategico

Ricapitolando: abbiamo chiarito quello che è il nostro punto di partenza (il problema), sappiamo dove vogliamo arrivare (l’obiettivo) e adesso ci tocca capire come caspita arrivarci! A tal proposito il Prof. Nardone suggerisce 3 tecniche davvero interessanti. Eccole:

  • La tecnica del come peggiorare. Se non hai la più pallida idea da dove iniziare per affrontare i problemi che stai incontrando nel tuo percorso, prova ad immaginare come peggiorarli. Sì, hai letto bene: cosa dovresti fare concretamente per rendere la situazione peggiore? Nel momento in cui troverai una risposta a questa domanda paradossale, avrai automaticamente anche una soluzione per migliorare la situazione (percorrere la strada opposta).

“Se vuoi drizzare una cosa impara prima tutti i modi per storcerla di più.”

Giorgio Nardone.

  • La tecnica dello scalatore. Questa è una delle mie preferite. Immagina di aver appena raggiunto il tuo obiettivo (ovvero, aver risolto il tuo problema) e adesso inizia ad andare a ritroso: qual è stato il passo che hai fatto subito prima di arrivare in cima? Quello prima ancora? Torna indietro finché non sarai arrivato alla tua situazione attuale. In questo modo avrai un chiaro piano d’azione da seguire per uscire dal pantano. La tecnica dello scalatore, tra l’altro, è alla base di uno dei migliori sistemi di pianificazione dello studio che suggerisco agli universitari: il backward planning.
  • La tecnica dello scenario oltre il problema. Come sarebbe la tua vita se riuscissi finalmente a sbarazzarti di questo maledetto problema? Prova ad immaginare una tua giornata ideale nei minimi dettagli, se necessario mettila per iscritto. Proiettare la nostra mente “oltre il problema” è uno dei modi più efficaci per farci uscire dai circoli viziosi in cui spesso ci cacciamo. Questo stratagemma è anche noto con il nome di “tecnica come se“. Se vuoi approfondirla ed imparare a metterla in pratica, trovi tutti i dettagli all’interno del mio manuale APP – Autostima Passo Passo.

Obiettivo di questo articolo era offrirti gli strumenti più efficaci per affrontare al meglio i problemi che stai incontrando lungo il tuo percorso e sfuggire così al pericoloso “Paradosso del Lampione”.

Sperimenta questi suggerimenti oggi stesso: (1) definisci chiaramente il tuo problema, (2) individua i risultati che vuoi ottenere e (3) sfrutta una delle 3 tecniche di problem solving strategico che abbiamo visto. Né più, né meno.

Ricorda però: conta solo quello che fai, non quello che leggi. Buona settimana,

Andrea Giuliodori.

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Sono un Ingegnere, nato e cresciuto tra le ridenti colline marchigiane ed oggi vivo e lavoro a Londra. Ho lavorato a Milano come Manager per una multinazionale della Consulenza Direzionale per 7 anni. Da inizi 2015 ho deciso di dedicarmi a tempo p...

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Agnese Morgana Formenis Digreg

È sempre un piacere svegliarsi e leggere un tuo articolo;) la tecnica dello scalatore io ormai la uso da un po’ e devo dire che “efficace” tra metodo amo e questa, credo di non poter più farne a meno;)

Andrea Giuliodori

Cara Agnese, grazie davvero per il tuo commento. Buona giornata :-)

Agnese Morgana Formenis Digreg

Grazie, anche a te : ) ps: la laurea è vicina grazie a studia meno studia meglio :)

Andrea Giuliodori

Yeay! Voglio la foto con la corona d’alloro! ;-)

Agnese Morgana Formenis Digreg

Sarà fatto :)

Mauro

Anche per me è sempre un grande piacere svegliarsi ed iniziare la settimana con un tuo articolo!
Dato che le citazioni ti piacciono tantissimo sono sicuro che ti farà piacere sapere che il racconto del “paradosso del lampione” nasce da un’antica storiellina del maestro sufi Nasreddin Hodja:

Qui c’è più luce:
Un tale vide Nasrudin che cercava qualcosa in terra.
“Cos’hai perso, Mullah?” gli chiese. “La mia chiave,” disse il Mullah. Si inginocchiarono
così entrambe a cercarla.
Dopo un po’ di tempo l’altro uomo chiese: “Dove ti è caduta esattamente?”.
“A casa mia.”
“Allora perché la stai cercando qui?”
“C’è più luce qui che dentro casa mia”

Andrea Giuliodori

Ciao Mauro, grazie!

Ho letto la storiella per la prima volta nel libro di Watzlawick: ero consapevole che non fosse lui l’autore, ma onestamente non sono riuscito a trovare la fonte. Ne esistono decine di varianti. Grazie per aver condiviso l’origine ;-)

Buona giornata.

Roy Pasquini

Ciao Andrea, mi limito a dire grazie e…
Giorni fa, sia adattando la formula che citi in APP che utilizzando “la tecnica dello scalatore” sono arrivato alla stessa conclusions: devo meditare con costanza.
E… Ci sto dando di brutto!

Riguardo al “perché?”, una volta una mia cara amica mi disse di chiedermi sempre “come mai?”, offrendomi un: “per il motivo che ha una visione più ampia!”.
Quindi oggi cerco qua una risposta più ampia: come mai non bisogna utilizzare il perché? :)

Andrea Giuliodori

Ciao Roy,

il motivo del perché non bisognerebbe mai sprecare troppo tempo ed energie nel chiedersi “perché” è quello che spiegavo a Gerardo: “certi problemi, sopratutto se parliamo di blocchi mentali, nascono spesso per via di una ragione contingente, specifica, ma poi si rafforzano nel tempo a causa di una moltitudine di altre motivazioni che non potremmo mai esplorare fino in fondo. Se rimaniamo incastrati nella ricerca ossessiva di una “ragione”, di un “perché”, non facciamo altro che sprecare risorse utili per uscire dalla psicotrappola in cui siamo finiti.”

A presto.

Antonio Quaglietta

Caro Roy,
Domandarsi il perché un problema esista, domanda apparentemente normale e innocua, può in realtà nascondere diverse trappole insidiose:
Il Perché può aprire a risposte infantili che diventano vere e proprie sentenze paralizzanti, come: perché sono fatto così, perché sono debole, perché mi sono mancate delle cose, perché ancora non sono in grado di…

Il perché sposta inoltre il focus attentivo dalla ricerca di soluzioni alla ricerca di cause presupponendo che solo se trovo la causa posso risolvere un problema…

Il perché ti porta nel passato e ti impedisce di investire quelle stesse energie, nel qui ed ora, per capire come funziona il problema è come uscirne.

Il problem solving strategico in realtà inverte questa logica insegna a risolvere i problemi per conoscerli meglio… Il focus è quindi trovare soluzioni per poi, una volta risolto il problema, vedere dall’esterno come funziona
Spero di averti dato un utile contributo.
Ciao

Andrea

Non ci avete capito nulla

Fabrizio

Ciao.Grazie per il tuo articolo. Il problema più importante è quello proprio di definire lo stesso.Spesso ansia e preoccupazione non ci fanno ragionare correttamente e si tralascia sempre qualcosa. Spesse volte avevi trattato dell’importanza di scrivere i nostri pensieri. Vale anche in questo caso?

Andrea Giuliodori

Sì, assolutamente Fabrizio. L’ideale sarebbe quello di rispondere alle famose domande che ho riportato nel post per iscritto. Quando mettiamo i nostri pensieri nero su bianco otteniamo infatti due vantaggi: 1) li facciamo uscire dalla nostra mente, dove spesso proiettano ombre indesiderate 2) dobbiamo sforzarci di dar loro un senso compiuto.

Fabrizio

Grazie mille Andrea. Farò cosi

Andrea

Il dequotare il perché di un problema è valido in caso di situazioni pratiche (sono senza soldi perché non lavoro) o emergenziali (la casa brucia: spengo l’incendio poi vado a capire la causa) ma in caso di problemi psicologici, specie se complessi e inconsci, analizzare le cause è fondamentale per trovare la soluzione. Infatti, una volta individuata la causa si può agire per eliminarla e così facendo scomparirà anche il sintomo

Pao

Articolo utilissimo Andrea, è esattamente quello di cui avevo bisogno stamattina. Mi piacerebbe partecipare al seminario di cui parli, ma al momento essendo senza lavoro non posso permettermi l’iscrizione. Peccato perché avrei voluto conoscerti, in ogni caso quando sei a Bologna ricordati che Paola avrebbe piacere di offrirti un caffè…abito a che vicino alla stazione :)
Ti auguro una buona giornata,
Paola

Andrea Giuliodori

Con piacere Paola,
alla prossima.

Andrea.

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