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Ognuno di noi ha dei talenti sopiti che è chiamato a coltivare e a sviluppare quotidianamente. In questo articolo troverai un esercizio in 3 stadi che ti aiuterà in questo percorso di crescita personale.

 

“Il vero talento si esprime nelle scelte che compi ogni giorno.”

S. Adler.

Fermi tutti! Sono anni André che ci scartavetri gli zebedei con la storia che il talento è soprovvalutato, che tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un po’ di sana tigna, e oggi te ne esci con un post dedicato allo sviluppo dei talenti?! Guarda che presento un esposto all’L.D.C. (Lega per la Difesa della Coerenza)!

L’idea che il talento sia un “dono naturale” in grado di determinare inequivocabilmente il nostro destino (nel bene, se ce l’abbiamo, e nel male, se ne siamo privi) è una convinzione che ho sempre ritenuto deboluccia. E a quanto pare non sono il solo. Secondo Scott Barry Kaufman, professore di psicologia alla New York University ed autore del libro Ungifted, il talento è indissolubilmente legato alla pratica. Senza una predisposizione iniziale la pratica rischia spesso di trasformarsi in frustrazione, ma senza un esercizio costante il talento rimane quasi sempre una promessa inespressa. Insomma, il talento è un seme che va innaffiato quotidianamente.

L’obiettivo dell’articolo di oggi è dunque quello di aiutarti a sviluppare e ad esprimere al meglio i tuoi talenti, anche quelli che credi di non possedere, ma che potrebbero essere semplicemente stati soffocati da anni di frignite e procrastinazione acuta. Per farlo ti proporrò un esercizio in 3 stadi, che ho avuto modo di svolgere dal vivo con il Prof. Giorgio Nardone, ideatore del modello di Problem Solving & Coaching Strategico. Questo esercizio ti consentirà di acquisire maggiore consapevolezza di ciò che in questo momento sta bloccando il tuo potenziale.

Lo sviluppo dei talenti e la Teoria delle Incapacità

Come visto, lo sviluppo dei nostri talenti è legato a doppia mandata alla qualità e alla quantità del nostro esercizio quotidiano. Spesso però, gli schemi d’azione inefficaci che siamo stati abituati ad adottare (le “tentate soluzioni ridondanti“), piuttosto che nutrire i nostri talenti, li soffocano.

Ti avevo già parlato di questo piccolo problemino presentandoti la Curva del Successo. In quell’occasione avevo utilizzato queste parole:

“Invece di provare una nuova strada per raggiungere lo stesso obiettivo, torniamo a percorrere la stessa strada fallimentare per raggiungere un nuovo obiettivo.”

Per svelare e sviluppare i nostri talenti dobbiamo dunque percorrere nuove strade, ma per farlo è necessario fermarci, correggere le attuali coordinate GPS e aspettare che il nuovo percorso venga calcolato. La teoria delle incapacità del Prof. Nardone si basa proprio su questo approccio e ci guida alla riscoperta delle nostre capacità nascoste partendo da ciò che in questo momento ci sta bloccando (le incapacità). Nello specifico, l’esercizio che ti presenterò prevede 3 livelli di analisi. Vediamoli nel dettaglio.

Livello 1: Soluzione

Prendi carta e penna, oppure crea una nuova nota sul tuo smartphone o computer, e riporta come prima cosa una tua difficoltà che si ripete nel tempo, un qualcosa che in questo momento non ti sta permettendo di esprimere i tuoi talenti al meglio: mi raccomando, qui non stiamo parlando di patologie o problemi cronicizzati, ma di atteggiamenti che non ti stanno consentendo di raggiungere i tuoi obiettivi. Tutto chiaro? Scrivi il comportamento che ti sta limitando sul foglio.

Bene, questo qualcosa che non ti consente di tirar fuori i tuoi talenti in determinate situazioni, come si concretizza? In altre parole, cos’è che ti sta bloccando?

  1. L’incapacità di trovare la soluzione? Non sei in grado di capire cosa devi fare.
  2. L’incapacità di applicare la soluzione? Sai cosa devi fare, ma non l’hai ancora messo in pratica.
  3. L’incapacità di mantenere la soluzione? Hai fatto alcuni tentativi per applicare la soluzione, ma non sei stato in grado di essere costante (per intenderci: hai ceduto all’effetto “chissenefrega”).
  4. L’incapacità di sostenere gli effetti collaterali della soluzione? Sei riuscito ad essere costante nell’applicare la tua soluzione, ma non sei stato capace di sostenere le conseguenze di tale soluzione.

Provo ad aiutarti utilizzando un esempio di facile comprensione: ipotizziamo che tu sia uno studente universitario e che finora il tuo percorso accademico sia stato contrassegnato da risultati non particolarmente brillanti. Cos’è che ti sta bloccando?

  • Non conosci un metodo di studio efficace (incapacità 1).
  • Conosci le tecniche di studio migliori, ma non le stai applicando (incapacità 2).
  • Hai risultati incostanti: alcuni esami li prepari alla perfezione, altri molto meno (incapacità 3).
  • Temi di essere ritenuto un secchione dai tuoi amici (incapacità 4).

Bene, scrivi sul tuo foglio qual è l’incapacità che in questo momento non ti sta consentendo di esprimere appieno il tuo talento.

Livello 2: Reazione

Esiste poi un secondo livello, più profondo, ancor più vicino alla radice dei nostri limiti. Questo secondo livello indaga le nostre reazioni di fronte alle difficoltà che riscontriamo. Qual è la tua reazione di fronte ai blocchi che abbiamo visto al livello 1? Ti ritrovi ad avere:

  • l’incapacità di reagire? Se sei alla continua ricerca della soluzione giusta, se tendi ad iper-razionalizzare tutto, se hai la continua paura di sbagliare, molto probabilmente, alle prime difficoltà la tua reazione naturale è quella di bloccarti.
  • l’incapacità di non reagire? Se di fronte alle difficoltà, la tua reazione naturale è quella di indulgere nel piacere (ti consiglio di leggere qui), avere scatti di rabbia o comportamenti ripetitivi, molto probabilmente sei incapace di non reagire.
  • l’incapacità di percepire correttamente? Se infine hai il classico comportamento dello “struzzo” e di fronte ad un problema lo neghi, nascondendo la testa sotto la sabbia, la tua reazione tipica è l’auto-inganno.

Anche in questo caso, scrivi sul tuo foglio qual è la tua incapacità di secondo livello.

Occhio, il Coaching Strategico di Nardone si fonda sulla logica matematica, ne deriva che nei diversi livelli di analisi le risposte devono essere coerenti tra loro, altrimenti significa che stai barando (con te stesso). Se ad esempio hai appena scritto di essere incapace di reagire, significa che al livello precedente la tua risposta sarebbe dovuta essere: “l’incapacità ad applicare la soluzione“. Oppure, se la tua reazione naturale è l’incapacità di percepire correttamente la realtà, al livello precedente la risposta più coerente sarebbe dovuta essere: “l’incapacità di trovare la soluzione“. Pensavi di fare il furbetto, eh?! ;-) Passiamo al prossimo livello di analisi.

Livello 3: Sensazione

Siamo dunque arrivati al terzo livello di analisi, il livello più “primitivo”, ovvero ciò che è alla base delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti: le sensazioni. Nello specifico esistono 4 sensazioni di fondo:

  • La paura.
  • Il piacere.
  • Il dolore.
  • La rabbia.

Queste sensazioni sono alla radice di tutte le incapacità viste nei primi due livelli: le condizionano, le acuiscono, le controllano. Tuttavia, nel momento in cui viene individuata la sensazione primordiale che sta bloccando i nostri talenti, è possibile mettere in atto tutta una serie di stratagemmi in grado di liberare il nostro potenziale.

Liberare i nostri talenti lavorando sulle 4 sensazioni primordiali

Gli elementi visti nei tre livelli si combinano tra loro e danno vita a quel vasto spettro di comportamenti tipici dell’essere umano, per cui è necessario affrontare ognuna di queste combinazioni “limitanti” con gli stratagemmi di Coaching Strategico più adatti. Provo a proportene alcuni suggeriti da Nardone a titolo esemplificativo.

  1. Affrontare la paura. Immagina di conoscere la soluzione al tuo problema, ma non essere in grado di applicarla (livello 1), immagina inoltre che la tua reazione spontanea sia quella di non reagire (livello 2), ovvero di bloccarti, e che alla base di tutto vi sia una fondamentale sensazione di paura (livello 3). In questo caso, uno degli stratagemmi più efficaci è quello della “peggiore fantasia“, ovvero dedicare ogni giorno un tempo prestabilito (30 minuti) a fantasticare nei dettagli sulle peggiori cose che potrebbero accadere nel momento in cui dovessi trovarti faccia a faccia con la tua paura.
  2. Gestire il piacere. Immagina di conoscere ed aver applicato la soluzione, ma non essere riuscito a mantenerla nel tempo (livello 1), immagina inoltre che la causa della tua incostanza sia l’incapacità di non reagire (livello 2): vorresti evitare di fare una cosa, ma ci ricaschi puntualmente. Immagina infine che alla base di tutto vi sia una ricerca spasmodica del piacere (livello 3). In questo caso, una tecnica molto efficace consiste nel concedersi completamente al piacere, ma ad intervalli ben precisi. Se ad esempio sprechi un mare di tempo su social network e siti vari, prima ancora di utilizzare una to don’t list, imponiti di navigare tutti i giorni alla stessa ora per 60 minuti di seguito: senza eccezioni.
  3. Sopportare il dolore. Immagina, ancora una volta, di essere incapace di mantenere la soluzione (livello 1), immagina però di essere questa volta nell’incapacità di reagire (livello 2) e che ciò sia dovuto al fatto di non riuscire a sopportare il dolore (livello 3). In questo caso è necessario lavorare sulla resistenza e sulla resilienza. Lavorare sulla resistenza significa allenarsi gradualmente a sopportare una sforzo prolungato. Lavorare sulla resilienza significa invece essere in grado di sopportare gli “urti” della vita (contrattempi, imprevisti, drammi). Su questo ultimo tema ti ho già proposto in passato la tecnica ABCDE.
  4. Liberarsi della rabbia. In conclusione immagina di non conoscere la soluzione (livello 1) e che questo sia dovuto alla tua incapacità di percepire correttamente la realtà (livello 2). Le sensazioni primordiali alla base di questo atteggiamento potrebbero essere molteplici, ma ipotizziamo che tu non riesca a vedere la soluzione perché “accecato” dalla rabbia (livello 3). In questo caso è possibile applicare uno stratagemma molto divertente. Prendi un foglio di carta, una busta ed una penna. Inizia ora a scrivere una lettera, indirizzandola all’oggetto (o al soggetto) della tua rabbia: scrivi in questa lettera i peggiori insulti, tutto ciò che odi di questa cosa o di questa persona, poi chiudi la lettera e gettala via: NON la spedire. Se preferisci puoi preparare una bozza di un’email, ma occhio a non premere “invia”! ;-)

Mi auguro che questo esercizio ed i relativi stratagemmi ti siano piaciuti, ma soprattutto mi auguro che ti abbia aiutato a prendere maggiore consapevolezza di ciò che in questo momento non ti sta consentendo di esprimerti ai massimi livelli. Se vuoi approfondire gli stratagemmi utili a superare le nostre incapacità, tra i tanti libri scritti da Nardone ti suggerisco: “Problem Solving Strategico da tasca“.

Come detto all’inizio del post, la Teoria delle Incapacità rientra nel modello di Coaching Strategico. Visto che ogni tanto viene fuori l’argomento coach e coaching tra i lettori di EfficaceMente, ho pensato di approfittare di questo articolo per fare un po’ di chiarezza. Continua a leggere, il post è quasi finito, ma c’è ancora una sorpresa ;-)

André, da quando sei diventato un coach?

Mi considero un appassionato ed un esperto di efficacia e crescita personale: questo significa che sono anni (14 per l’esattezza) che studio, pratico e condivido le migliori strategie per essere più efficaci nello studio, nel lavoro e nella vita in generale. NON sono però un coach (e non mi interessa esserlo). Anzi, in più di un’occasione ho espresso i miei dubbi sul proliferare di quelli che chiamo i “coach del weekend“: persone senza reali conoscenze o competenze che dopo un weekend di formazione e il diplomino in mano vorrebbero rivendersi come esperti di coaching.

Per evitare che si faccia confusione e per fornire dei riferimenti solidi a chi si avvicina alla tematica del coaching -o perché ritiene di aver bisogno di un coach, o perché vuol diventarlo- ho chiesto al Prof. Nardone un’intervista sull’argomento (e ne ho approfittato anche per avere chiarimenti sulla Teoria delle Incapacità). Intendiamoci bene, il Coaching Strategico non è l’unico modello di coaching esistente, ma come vedrai in un passaggio dell’intervista, è quello che più si avvicina alla filosofia di EfficaceMente:

Intervista sul coaching a Giorgio Nardone (clicca qui)

Ti aspetto nell’altra pagina. Se invece non sei interessato al coaching, beh, grazie per essere arrivato fin qui. Questa settimana il mio augurio è che tu possa liberarti dalle catene che ti stanno bloccando ed esprimere al meglio i tuoi talenti. A lunedì prossimo.

Andrea Giuliodori.

Foto di Furtseff

Avatar di Andrea Giuliodori
Sono un Ingegnere, nato e cresciuto tra le ridenti colline marchigiane ed oggi vivo e lavoro a Londra. Ho lavorato a Milano come Manager per una multinazionale della Consulenza Direzionale per 7 anni. Da inizi 2015 ho deciso di dedicarmi a tempo p...

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Emilio

Buongiorno Andrea,
mille grazie ; ho sempre piacere di ricevere la tua mail il lunedì mattina , alcune a livello personale hanno significato molto. Volevo chiederti una cosa a riguardo di questo post che , così come mi ha incuriosito, mi ha messo sù dei dubbi, ovvero lo stratagemma della “peggior fantasia”. Ma fantasticare tutti i giorni sulla “peggiore delle ipotesi” non farebbe altro che incrementare la paura?
Forse non sono a conoscenza della psicologia che c’è dietro, ma a freddo mi è venuto da pensare questo.
Un saluto e buon inizio settimana
Emilio

Andrea

Ciao Emilio,
il paradosso è uno degli elementi chiave dei modelli di Nardone. Se la peggior fantasia ti sembra uno stratagemma strano, dovresti vedere la dieta paradossale ;-) Detto questo, lo stratagemma funziona proprio perché porta ad una “banalizzazione” della paura: come ho avuto modo di dire anche in altri articoli del blog, la paura è come una densa e scura nebbia, se tentiamo di sfuggirle, questa ci avvolge, terrorizzandoci; se al contrario le andiamo deliberatamente contro, si dirada. L’idea di dare un tempo ben determinato alla paura e poi, una volta terminato l’esercizio, dedicarsi ad altro è di per sé geniale: la paura non è più un qualcosa che può coglierci alla sprovvista in qualsiasi situazione, diventa qualcosa con cui abbiamo ormai familiarizzato, qualcosa che, analizzata da vicino, è molto meno terrorizzante di quanto potessimo pensare.

Comunque, le parole servono fino ad un certo punto, l’efficacia di questi stratagemmi va testata sulla propria pelle e possibilmente con la guida di persone che si siano formate con Nardone.

Andrea.

Marco

Informazioni trite e ritrite.
Dette e ridette.
Fritte e rifritte.

Tutti coloro che hanno raggiunto il talento in qualche particolare area ridono di questa psicologia spiccia. O forse mi sbaglio.
Forse Mozart era appassionato di coaching strategico tascabile versione bignami.

Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna. Amen.

Andrea

Ciao Marco,
grazie del commento.
Sì, ti confermo che sbagli :-)

Il problem solving strategico, che è alla base dei due modelli di Nardone, è considerato tra le più importanti innovazioni nell’ambito della psicologia moderna degli ultimi 20 anni. Per quanto riguarda poi “tutti” quei talenti che dal tuo punto di vista riderebbero di queste strategie, ti segnalo che Aldo Montano, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra, ha ringraziato pubblicamente il Prof. Nardone per questo risultato (fonte). Idem per Alessia Zecchini, che ha recentemente realizzato un nuovo record nell’apnea in assetto costante, dopo essere stata seguita da Nardone.

Guarda Marco, sono il primo a sostenere che termini come “coaching” in Italia siano sputtanati a causa dei tanti ciarlatani che vogliono rivendersi come esperti, ma obiettivo di questo post è anche quello di fare un po’ di chiarezza a riguardo. Evitiamo generalizzazioni “a la caz di can” senza conoscere bene di cosa stiamo parlando.

Grazie ancora del confronto,
Andrea.

Marco

“Il problem solving strategico…é considerato tra le più importanti innovazioni nell’ambito della psicologia moderna degli ultimi 20 anni.”

È considerato da chi? Detta cosi sembra che TUTTI siano unanimi nel riconoscere il il valore di questo approccio…un po’ di onestà intellettuale ti prego.
Non è affatto cosi. Da molti viene considerato un approccio superficiale e inutile nel produrre risultati a lungo termine.

Poi Aldo Montano e Alessia Zecchini sono solo due dei molti sportivi seguiti dal Prof. Nardone. Casualmente solo loro due hanno conseguito risultati degni di nota.
Se fosse cosi efficace la metodologia proposta i talentuosi sarebbero molti di piu di due non credi? Eri tu che parlavi di bias di conferma?

Tu non fai chiarezza. Proponi psicologia spiccia come roba seria. E la mia non è una generalizzazione “a la caz di can” (molto gentile ed educato da parte tua). Mi sembra di essere molto preciso.

Perché non usi il problem solving strategico tascabile per risolvere il problema che hai a scrivere contenuti seri? Ah scusami, forse lo hai gia fatto è questo è il tuo talentuoso risultato.

Andrea

Ciao Marco, io ci metto la faccia in questo progetto da 6 anni, Nardone non ha bisogno di presentazioni, tu al contrario usi un’email falsa per lasciare commenti: gentilmente, non mi parlare di onestà intellettuale. Per quanto mi riguarda potresti tranquillamente essere uno di quei “coach del weekend” (o un concorrente di Nardone) a cui questo articolo da un po’ fastidio.

In merito agli sportivi e agli artisti seguiti da Nardone, ti confermo che sono molti e che il Professore non ama pubblicizzare queste collaborazioni: è del tutto logico, se un professionista si rivolge a lui per un blocco nelle performance, vuole tutto tranne che essere sotto i riflettori. I pochi nomi che vengono fuori sono di chi lo ringrazia pubblicamente in prima persona (vedi articolo citato).

Per concludere, in merito al “talentuoso risultato”, ti confermo che EfficaceMente ha 1 milione di visualizzazioni ogni mese: dalla tua email falsa, non sono invece riuscito a risalire ai tuoi lavori. Puoi tranquillamente riportarli nel tuo prossimo commento: come detto, ogni contributo di valore è ben accetto.

Buona giornata,
Andrea.

Anna

Ciao Andrea,
apprezzo molto i metodi strutturati e trovo che quello del prof. Nardone possa essere molto utile, sin dalla prima fase (Soluzione), a riconoscere quali problemi/incapacità ci impediscono di ottenere certi risultati. Quando ci si trova in situazioni di stallo quel primo passo può rivelarsi fondamentale per comprendere le origini del problema e quindi mettere in atto delle soluzioni correttive. Poi ognuno è libero di scegliere le sue, io nelle soluzioni proposte nell’articolo trovo spunti molto interessanti e “facilmente” replicabili. Quello sull’affrontare la paura ha lasciato perplessa anche me, ho chiarito il dubbio solo leggendo la tua risposta ad un commento precedente (credo mi informerò sui principi della dieta paradossale).
Complimenti per questo articolo in cui come sempre riesci a rendere fruibili e accessibili contenuti di valore.
Buona settimana anche a te,
Anna.

Andrea

Ciao Anna,
ti ringrazio del commento.

A presto,
Andrea.

Pier Paolo

Ciao Andrea, mi è piaciuta molto la risposta che ti ha dato il prof. Nardone, nell’intervista che ti ha concesso, alla tua domanda riguardante l’argomento procrastinazione -conoscendoti non poteva di certo mancare;-)!

In quella risposta ha messo in evidenza come il prendersi cura “amorevolmente” di noi stessi (volersi bene in poche parole) sia la chiave per la risoluzione di ogni problema: tutti i vari più o meno funzionali stratagemmi non contano nulla se non si da priorità nel soddisfare la NOSTRA reale gratificazione (da non confondersi con il piacere effimero fine a se stesso) per raggiungere ciò che si desidera VERAMENTE.

Il Prof. Nardone termina il suo intervento affermando che in fondo ed infine siamo nati per essere liberi e non per vittimizzarci: già solo comprendere e mettere in pratica in maniera equilibrata e “saggia” questa filosofia di vita ci può consentire di esprimere i nostri più grandi talenti e vivere appieno la nostra vita nel migliore dei modi.

Andrea

Ciao Pier Paolo,
ricordo il momento in cui stavo trascrivendo la risposta del Professore e ho pensato: “cavoli, devo utilizzare più spesso queste parole, o in troppi miei articoli rischia di passare il concetto che la crescita personale è solo duro lavoro e fatica“.

Grazie del commento,
a presto.

Andrea.

Pier Paolo

E’ già…..bisogna assolutamente che passi un concetto del genere (anch’io ho martellato molto su questo punto se ricordi) perché altrimenti si rischia veramente di attribuire alla crescita personale un’errata valenza del tipo “sudore, lacrime e sangue”, quando invece in realtà dovrebbe essere tutt’altro, ed infatti l’altro giorno ti ho ringraziato per non avermi fatto procrastinare proprio sul decidere di cominciare a prendermi cura di me stesso nel modo che sapevo essere giusto per me, ed infatti qualche risultato, usando questo mio personale parametro, lo sto già riscontrando.

La crescita è PERSONALE proprio per questo, perché ognuno, nel rispetto del proprio amore per se stesso, deve trovare ciò che può farlo progredire nel modo a lui più consono ed efficace: non siamo tutti fatti alla stessa maniera, e se cominciamo appunto a riconoscere questa essenziale DIFFERENZA, iniziamo il percorso con il giusto “amorevole” approccio nei nostri riguardi: nel modo quindi più importante e proficuo per noi!

P.S. Andrea, devi trovare un sistema per poter ricercare gli articoli in modo più EffiCace: il riquadretto in alto a destra “cerca articolo” non funziona!

Andrea

Ho appena verificato Pier Paolo: a me la casella ricerca funziona come al solito.
Inserisci il testo che vuoi cercare e premi invio.
Che problemi ti da?

Andrea

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