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Riflessioni sul golf e l’importanza del fare pratica, ma non una pratica qualsiasi…

“La pratica rende perfetti.”

Detto popolare.

La scorsa settimana sono stato con un mio amico al campo pratica golf. Non che sia un giocatore esperto… anzi. In tutto avrò giocato a golf non più di qualche ora, anzi a dirla tutta, dopo la mia prima lezione a Tenerife, nelle Canarie, questa è stata la seconda volta in assoluto che ho messo piede in un campo pratica golf.

Eppure il golf è uno sport (anche se molti non lo considerano tale) che mi affascina tremendamente: l’eleganza dei campi da gioco, l’attrezzatura tecnica, la coordinazione dei movimenti richiesti, l’importanza del focus mentale e della concentrazione; tutti elementi che fanno di questa pratica un mix per me molto attraente.

Ma perché oggi ti dovrei annoiare parlandoti del mio pomeriggio passato a colpire palline? (beh… almeno quando le prendevo!)

Le ore trascorse a cercare di migliorare il mio swing ed i miei colpi sul green, mi hanno fatto riflettere sull’importanza della pratica, ma non una pratica qualsiasi, bensì la pratica deliberata.

La mia fissa per la pratica

Il concetto di pratica è un concetto che mi è molto caro: nel 2008, dovendo scegliere la frase che potesse descrivere brevemente le tematiche trattate da EfficaceMente, optai per: “Crescita Personale: esempi pratici“.

Stessa solfa per la mia prima guida digitale: “Start! La guida pratica per sconfiggere la procrastinazione“.

Per non parlare poi dell’abuso sfacciato che faccio dell’aggettivo “pratico” nei miei numerosi articoli.

In pratica Andre… c’hai la fantasia di un contabile di una ditta di onoranze funebri!

Questa fissa per la pratica nasce dalla convinzione che qualsiasi tecnica di crescita personale, ed in generale, qualsiasi strategia per il successo sia assolutamente inutile se non viene sperimentata e messa… in pratica.

Siamo alla continua ricerca della “pillola magica”, di quella tecnica che ci faccia svoltare, di quella strategia dal nome ammiccante che ci rivoluzioni la vita. Personalmente credo che i fondamentali siano piuttosto semplici, quasi banali: a fare la differenza tra chi ce la fà e chi rimane mediocre è la volontà di mettersi in azione quotidianamente, di agire senza sosta, insomma… di fare continuamente pratica.

Ma esiste pratica e pratica.

Darsi da fare, lavorare duro, essere impegnati, non garantiscono necessariamente il raggiungimento di risultati. L’unica pratica che conta è la pratica deliberata.

La pratica deliberata

Non più di qualche settimana fa ti ho parlato di un saggio di Malcolm Gladwell intitolato “Fuoriclasse. Storia naturale del successo“, in cui si afferma che chiunque può diventare un vero professionista nel suo campo, a patto che faccia almeno 10.000 ore di pratica.

In quell’articolo ho dimenticato di fare cenno ad un elemento essenziale: Gladwell non parla semplicemente di 10.000 ore di pratica, ma di 10.000 ore di pratica deliberata.

Aridaje… ma che è sta pratica deliberata?! Non sarà mica qualcosa che ha a che fare con gli uffici pubblici?! Io non porto pratiche da nessuna parte: che sia chiaro!

La pratica deliberata, o deliberate practice come è definita originalmente nel saggio di Gladwell, è un termine coniato dallo psicologo K. Anders Ericsson per sottolineare la qualità della pratica, piuttosto che la quantità. Secondo gli studi del Dott. Ericsson a differenziare i veri fuoriclasse non è la quantità di volte in cui è stata ripetuta una determinata attività, ma piuttosto il modo in cui è stato realizzato ogni singolo allenamento.

Nello specifico, la pratica deliberata è contraddistinta da 2 elementi chiave:

  • la capacità di individuare gli ingredienti base del successo per quella specifica disciplina, ovvero quelle competenze, che una volta acquisite e perfezionate ti permetteranno di competere ai massimi livelli.
  • la volontà di fare pratica sfidando continuamente i propri limiti, ovvero allargando ad ogni allenamento il recinto della propria zona di comfort.

Durante la mia permanenza nel campo pratica golf, ho potuto sperimentare in prima persona questi concetti.

Trovare gli ingredienti del successo

Per una buona oretta, nonostante i pazienti consigli del mio amico, di fatto stavo colpendo la pallina da golf esattamente come un contadino colpirebbe una zolla di terra: un disastro!

Il punto è che continuavo a praticare il mio swing, ma lo facevo in modo errato. Insomma, non avevo ancora individuato gli ingredienti di un buon colpo.

Osservandomi dall’esterno, il mio amico aveva notato che tenevo le braccia troppo distanti dal corpo: questa semplice osservazione mi ha aiutato a migliorare notevolmente i successivi colpi.

Questo principio si applica ai più disparati ambiti della nostra vita.

Se vuoi diventare un professionista in quello che fai, inizia con l’individuare gli ingredienti del successo delle persone che si contraddistinguono nel tuo campo. Quali sono le loro competenze più forti? Cosa li distingue dal resto delle persone? Che cosa hanno allenato per una vita intera?

Non accontentarti della classica risposta: il talento! è molto meno importante di quanto tu creda.

Sfidare i propri limiti

Se sei riuscito ad individuare le competenze, le qualità e le abilità che dovrai allenare, sarai giunto solo a metà dell’opera.

Come abbiamo visto, la pratica deliberata prevede che ci si metta in gioco ad ogni allenamento, sfidando continuamente i nostri limiti. Questo significa innanzitutto conoscere i propri limiti, accettarli (per il momento) e superarli con determinazione e forza di volontà (ti consiglio di leggerti questo articolo per migliorare la tua forza di volontà).

Tornando all’esempio del golf, in questo sport esiste un concetto molto semplice per individuare i nostri limiti, ovvero il nostro attuale livello: l’handicap.

L’handicap viene utilizzato per consentire a giocatori meno esperti di poter competere ad “armi pari” con giocatori più bravi. La ratio dietro il concetto di handicap è molto semplice: si suppone che più un giocatore è bravo, meno saranno i colpi di cui avrà bisogno per chiudere ogni buca. Fissato un numero standard di colpi per chiudere ogni buca, l’handicap, specifico per ogni giocatore, indicherà i colpi di vantaggio a disposizione per chiudere quella buca.

Come potresti utilizzare il concetto di handicap in altri ambiti?

Spesso, quando siamo alle prime armi, tendiamo a demotivarci di fronte agli scarsi risultati o, ancor peggio, ci poniamo obiettivi troppo ambiziosi che non fanno altro che generarci frustrazione.

Riconoscere ed accettare il nostro attuale livello di handicap ci può essere estremamente utile per concentrarci su obiettivi sfidanti, ma alla nostra portata, ma soprattutto ci permette di trarre soddisfazione anche dai piccoli successi, innescando un circolo virtuoso fatto di: azione – successo – motivazione. (per scoprire cos’è e quali sono le caratteristiche di un obiettivo A.M.B.I.Z.I.O.S.O., leggi qui).

Per concludere

Che si tratti di diventare un novello Tiger Woods, di creare la tua prima attività in grado di generare reddito passivo, o più semplicemente (!?!) superare quel dannato esame mattone; ricorda che tutto ciò su cui devi concentrarti è la pratica, o meglio, la pratica deliberata:

  • Individua cosa devi fare e come devi farlo per avere successo.
  • Sfida continuamente la tua zona di comfort, andando sempre un cm più in là di quelli che pensavi fossero i tuoi limiti.

Ti auguro una settimana intensa, produttiva, e piena di soddisfazioni ;-)

Foto di JD Hancock.

Andrea Giuliodori.

Avatar di Andrea Giuliodori
Sono un Ingegnere, nato e cresciuto tra le ridenti colline marchigiane ed oggi vivo e lavoro a Londra. Ho lavorato a Milano come Manager per una multinazionale della Consulenza Direzionale per 7 anni. Da inizi 2015 ho deciso di dedicarmi a tempo p...

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serena

Uh, che belli questi articoli con analogie sportive :-)
anche se io sono di quelli che non han mai considerato il golf come sport ;-) però dai, se sostituisco golf con la danza classica l’esempio è conservato ;-) e anzi, si aggiunge quella componente dolorosa e di sacrificio (unita a quella di precisione e concentrazione) che forse nel golf non si viene a creare molto…

Buona giornata e settimana Andrea! :-)

Frank

Anzitutto complimenti per il blog i tuoi articoli sono sempre ricchi di spunti per riflessioni in un epoca dove è molto importante approfondire e conoscere i propri limiti per cercare di superarli. Sono un ex giocatore professionista di golf ora imprenditore e mi sono sentito in “dovere” di intervenire. Concordo con Silvia, il golf a livello amatoriale è spesso da considerare un gioco, tuttavia sopratutto in età avanzata se si prende l’abitudine di fare 18 buche con sacca a spalle è un attività fisica che ti fa fare 10 km al giorno e ti impegna sia fisicamente che mentalmete molto più di quello che si possa pensare, diverso ovviamente sarebbe praticare 50 palline e poi giocare in car.Il sacrificio a livello agonistico c’è’ ed è molto alto si pensi che normalmente un professionista si allena 10 ore al giorno, uguale durante i tornei dove entra in gioco la gestione dello stress.

Trovo questo articolo molto ben fatto, assolutamente utile a ogni livello di golfista, il concetto di pratica deliberata è una chiave di successo, non esiste la pillola magica, ed è meglio praticare poco ma bene che viceversa.Per eseguire un buon movimento sono importantissimi i fondamentali, molti libri sono stati scritti a riguardo nel golf e sono gli stessi da 50 anni:Grip, posizione, allineamento, equilibrio. Per una buona pratica è necessaria una buona routine. Infine ti consiglierei di fare qualche lezione perchè una non corretta impostazione del tuo swing sarà molto difficile da mettere a posto un domani;)

Andrea

Ciao Frank,
ti ringrazio molto per il tuo intervento: puntuale, approfondito, e di valore.

Per quanto riguarda il maestro, si, assolutamente, seguirò il tuo consiglio.

A presto,
Andrea.

Andrea

Ciao Serena,
ti dirò… dopo 4 ore di campo pratica, il giorno dopo avevo le spalle a pezzi e ti assicuro che faccio attività sportiva regolare.

Detto questo, il pomeriggio passato sul campo pratica mi ha dato lo spunto per questo articolo, ma se sostituisci golf con qualsiasi altro sport agonistico o qualsiasi altro obiettivo ambizioso, la sostanza non cambia: la pratica deliberata è essenziale.

Buona giornata ;-)

Gianluca

Ciao Andrea,
bello questo articolo è stato interessante leggere la comparazione che fai tra il golf e il miglioramento personale!

Questo concetto che tu chiami pratica deliberata è praticamente una sfaccettatura del modellamento della PNL. Questa infatti dice: se vuoi riuscire a fare quello che non sai fare, osserva le persone che eccellono in quella cosa, trova la loro sintassi mentale ( schemi di pensiero) e pratica le stesse azioni fino a che nn avrai duplicato la loro capacità.

Non so se mi sono spiegato…

Ovviamente per poter replicare correttamente i pensieri e le azioni che portano al successo, bisogna inevitabilmente uscire dalla propria zona di comfort e mettersi in gioco consapevoli di poter commettere errori durante il percorso.

Ti saluto

Gianluca

Andrea

Ciao Gianluca,
si ho sentito spesso parlare di modellamento, shaping, sia in testi di PNL, sia da parte di Tony Robbins.

Come scritto nell’articolo però, spesso gli appassionati di crescita personale si fermano alle “strategie” dimenticando che i risultati si costruiscono con la pratica.

Anche nel caso della pratica deliberata di Ericsson, la fase di modellamento è sicuramente indispensabile, ma la costante azione volta a superare i propri limiti e la propria zona di comfort è forse la parte ancor più importante.

A presto,
Andrea.

Gianluca

Si Andrea sono pienamente d’accordo con te, ma se fai caso, chi eccelle in un determinato settore ha sempre un grande punto di riferimento su cui si basa, e oltre all’infinita pratica alle spalle per raggiungere quel grado di successo, alla fine riesce a duplicare esattamente lo stesso tipo di raggionamento e schema di pensiero del soggetto preso come modello.

Forse stiamo dicendo la stessa cosa ma assegnando semplicemente una priorità diversa alle varie componenti. :)

Ad ogni modo, buona giornata.

Gianluca

Ilaria Cardani

C’è una cosa del golf che piace anche a me: le location dei campi.
Detto questo: giusto fare pratica, ma non solo da sgobboni, come spesso è successo a me. In modo intelligente, “deliberato”.

Andrea

Il campo pratica dove sono andato qui a Milano si trova nel bel mezzo dell’ippodromo, vicino piazzale lotto: la cosa curiosa è che ogni mezzora circa, suona la campanella e tu devi interrompere perché c’è la corsa dei cavalli. Potrebbe sembrare una scocciatura, ma in realtà è un modo per fare pausa e per godersi uno spettacolo diverso.

Alessandro

Ciao Andrea, bellissimo articolo, e non soltanto perché sono un grande appassionato di golf! :-)
Un altro ambito in cui la pratica è fondamentale è lo studio del pianoforte. Proprio recentemente ho ricominciato a suonare, spinto dalla voglia di suonare un pezzo che, visto la prima volta su youtube eseguito alla perfezione, sembrava qualcosa di irraggiungibile. Ebbene, dopo diverse settimane di pratica, ora so che le difficoltà tecniche che parevano insuperabili in realtà non lo sono, e che praticando ancora potrò davvero avvicinarmi all’esecuzione dell’autore.
Per rispondere a Serena, il golf è uno sport, eccome se lo è! Ti dico solo che lo swing (il movimento con il quale si colpisce la pallina) mette in movimento tutti i muscoli del corpo: prova a fare 20/30 colpi in campo pratica…Certo è vero dire che si tratta di uno sport dove la tecnica (che deve essere affinata con la PRATICA) prevale sull’aspetto fisico, questo sì.
Buona settimana!

Andrea

Ecco… uno strumento musicale è un qualcosa che non ho mai praticato e se dovessi scegliere, opterei sicuramente per il piano.

Amo ascoltare pezzi di pianoforte, sopratutto quando devo lavorare in autonomia o quando scrivo un articolo. Questo ad esempio è stato scritto sulle note dell’album Una Mattina di Ludovico Einaudi :-)

Alessia

Volevo solo aggiungere una cosa, da persona che ama la Scozia e che ci vive da più di 10 anni… da quello che ho imparato qui, i campi da golf per eccellenza sono quelli dove il vento è l’incognita che ribalta tutto, e che bisogna saper calcolare. Cioè, non quei campi americani dove si gioca sudando e senza un filo di vento. Nel parco dove vado a correre la mattina ci sono diversi giocatori, soprattutto adesso nella bella stagione. E le colline giocano anche un ruolo importante. La strada dove abito si chiama “Golfhill”, per dire :) e se volete dare un’occhiata su Maps per un campo d’ispirazione, cercate il Royal Troon Golfclub… proprio sul mare con quei ventacci del nord per niente facili da gestire :)

Buona pratica deliberata a tutti! ;)

Alessia

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