4
12 min

Diciamocelo, non se ne può più di questi para-guru che ogni due per tre ti ripetono che devi uscire dalla tua zona di comfort.

  • Svegliati alle 5:00, anzi no, alle 4:30 del mattino!
  • Stai sotto la doccia gelata finché non perdi la sensibilità alle braccia.
  • Vai a correre una mezza maratona prima di fare colazione.
  • Fai settecentorgici ore di lavoro profondo senza la minima distrazione.
  • Leggi 52 libri a settimana.
  • Medita 52 ore al giorno.

Ok Rambo, anche meno: prima fammici entrare in questa benedetta zona di comfort, anche fosse per soli 10 minuti al giorno e poi ne riparliamo.

Ho ragione o dico giusto?! 🙋‍♂️🙋‍♀️

Eppure c’è qualcosa che a me non torna…

Oggigiorno abbiamo accesso a comodità moderne che i nostri nonni potevano solo sognarsi.

Diamine, gli uomini più ricchi e potenti della storia, da Napoleone al Re Sole, da Rockefeller all’imperatore Mansa Muda, non potevano godere neanche di una frazione dei comfort che oggi sono facilmente accessibili al 99,9% della popolazione.

Non solo.

Dati alla mano, lavoriamo molto meno di chi ci ha preceduto; per la precisione, negli ultimi 150 anni le ore annue medie di un lavoratore nei principali paesi occidentali si sono dimezzate, passando da 3.000 ore di lavoro all’anno a poco più di 1.500.

ore lavorate annualmente

…e allora perché ci sentiamo sempre più stressati, oberati di lavoro e stanchi?!

Il problema è che non abbiamo più veri problemi

La teoria della “Prevalence-induced concept change” spiega come sperimentare meno problemi ci porti ad abbassare la soglia di quelli che consideriamo essere “veri problemi”: e questo, di per sé, è un vero problema 😅

Le comodità della società moderna ci hanno portato a vivere come problematico anche il più piccolo disagio, contrattempo o difficoltà.

Ne deriva che anche se  i problemi, quelli veri, sono oggettivamente diminuiti in maniera drastica nella nostra quotidianità, noi continuiamo a sentire di avere molti problemi. E sebbene questi ultimi impallidiscano al confronto con quelli del passato, sono comunque in grado di generare in noi la stessa sofferenza.

Anzi, una sofferenza maggiore, perché questi problemi moderni spesso attanaglino la nostra anima, la nostra mente, il nostro spirito. E non sempre hanno una soluzione immediata o concreta come mangiare un bel piatto di pasta quando si soffre la fame da giorni.

E sai qual è il paradosso?

Più ci proteggiamo, più ricerchiamo nuove e maggiori comodità o distrazioni (magari digitali) che ci allontanino dalla sofferenza di questi problemi, più la soglia di ciò che consideriamo problematico si abbassa e la nostra sofferenza e il nostro disagio aumentano.

Come ne usciamo?

Troppo comodi: accettare il disagio per riconquistare la nostra parte selvaggia, felice e in salute

L’idea che stiamo vivendo una vera e propria “crisi della comodità” è al centro del libro “Troppo comodi: accettare il disagio per riconquistare la nostra parte selvaggia, felice e in salute” del pluripremiato giornalista Michael Easter.

Troppo Comodi - Michael Easter

Deve esserci chiara una cosa: ricercare la comodità non è una qualche malattia mentale. Non c’è nulla di sbagliato nel farlo, anzi farlo è stampato a fuoco nel nostro DNA.

Ci siamo evoluti per ricercare il comfort, conservare la nostra energia ed evitare quanto più possibile i rischi.

Questi atteggiamenti si sono dimostrati vincenti per la nostra sopravvivenza negli ultimi 200.000 anni.

Per gran parte della storia umana, infatti, abbiamo dovuto faticare quotidianamente per procurarci il cibo e fuggire a predatori di ogni tipo. Abbiamo dovuto superare innumerevoli carestie e condizioni meteorologiche estreme. E lottare, dall’alba al tramonto, semplicemente per sopravvivere.

Abbuffarci quando il cibo era disponibile, riposare il più possibile quando ne avevamo l’opportunità ed evitare costantemente ciò che ci spaventava e ci poteva mettere in pericolo ci ha letteralmente tenuti in vita.

Nella società dell’abbondanza in cui viviamo oggi, però, quegli stessi meccanismi mentali così radicati ci stanno lentamente e letteralmente uccidendo.

Come la troppa comodità ci sta rendendo deboli, malati e infelici

Viviamo in un mondo dove bastano un click e 10 minuti di attesa per ricevere comodamente nei nostri appartamenti, riscaldati in inverno e climatizzati in estate,  una pizza da 800 kcal. Il nostro più grande stress è il Wi-Fi lento quando dobbiamo guardare un balletto su TikTok. E un errore in una presentazione PowerPoint fatta al lavoro è un dramma che ci perseguiterà per settimane.

Come spiegato dallo stesso Easter in “Troppo comodi“:

“Se pensiamo ad una nostra giornata tipo, questa è governata in gran parte da invenzioni degli ultimi 100 anni. Nell’ultimo secolo non abbiamo fatto altro che riempire le nostre case di oggetti pensati per semplificarci la vita o renderla più comoda: materassi sempre più morbidi e confortevoli, elettrodomestici in grado di sostituirci ormai in tutte le operazioni domestiche e l’onnipresente smartphone pronto a soddisfare ogni nostra esigenza o curiosità con un semplice tap del dito.

Quello che un tempo era considerato un lusso riservato a pochi fortunati, oggi è la norma. E ogni volta che il nostro livello di comfort aumenta, invece di esserne grati ci lamentiamo se per qualsiasi motivo siamo costretti a rivivere la vecchia normalità, che ormai consideriamo inaccettabile.”

Michael Easter.

La più pericolosa conseguenza di questo circolo vizioso legato alla troppa comodità è il cosiddetto mismatch evolutivo.

In altre parole, la nostra biologia non riesce ad adattarsi ad un ambiente moderno che cambia sempre più velocemente.

In passato, ad esempio, quando avevamo accesso a del cibo altamente calorico, ne mangiavamo il più possibile, così da avere delle riserve corporee che ci permettessero di affrontare le inevitabili carestie.

Oggi abbiamo la stessa tendenza ad abbuffarci, ma le provviste di cibo a cui abbiamo accesso sono pressoché illimitate e i periodi di magra sono assenti nella nostra vita, a meno che non decidiamo di crearli in maniera volontaria (qualcuno ha parlato di dieta?).

Come se non bastasse, questo circolo vizioso della troppa comodità non impatta solamente la nostra salute fisica, ma anche il nostro benessere mentale ed emotivo.

La nostra resilienza e la nostra tolleranza al rischio sono drasticamente diminuite negli ultimi decenni.

Come cacciatori-raccoglitori, evitare a tutti i costi rischi e fallimenti poteva fare la differenza tra la vita e la morte (e l’ha fatta, se siamo ancora qui).

Oggi, però, quello stesso atteggiamento di estrema prudenza ci porta a vivere una vita di quieta disperazione, in cui evitiamo continuamente di metterci in gioco, convinti che un fallimento lavorativo o personale sia equivalente all’esser divorati da una tigre!

L’alternativa alla crisi della troppa comodità (anzi 4)

Psicologia, neuroscienze e filosofia convergono su quella che è la risposta alla crisi moderna della troppa comodità: l’esposizione volontaria a ciò che temiamo e rifuggiamo perché faticoso, difficile e scomodo.

In “Troppo comodi“, Easter esplora nel dettaglio le strategie pratiche per esporci efficacemente alle scomodità e riscoprire così la nostra parte selvaggia, sana e soddisfatta.

Te ne riporto giusto 4 a titolo esemplificativo, anche perché i diversi capitoli del libro alternano in maniera avvincente l’avventura di Easter nell’Alaska selvaggio ad interviste e approfondimenti con esperti e specialisti. Il tutto aiuta a comprendere a fondo perché certe soluzioni proposte possono essere davvero efficaci. Sintetizzarle quindi in poche righe potrebbe banalizzarle, ma ci tengo comunque a condividerti da subito delle indicazioni pratiche. Eccole:

  • Digiuno. Oggi mangiamo perché ce lo dice un orologio o peggio ancora perché vogliamo soffocare con il cibo sensazioni sgradevoli come la noia o lo stress. Pratiche come il digiuno intermittente possono aiutarci a riequilibrare la nostra fame e la nostra salute.
  • Rucking. L’uomo è uno dei pochi esseri viventi progettati per trasportare enormi pesi per lunghe distanze. Ma la sedentarietà e le comodità moderne ci hanno rammollito. Nel suo libro Easter suggerisce una pratica molto diffusa in ambito militare (e non solo) per riscoprire ciò di cui il nostro corpo è capace: il rucking, ovvero lunghe camminate con appositi zaini zavorrati. È una pratica adatta a tutti e dovremmo tutti iniziare a girare con zaini da 30-40kg? Certo che no. Ma tutti possiamo scegliere di fare quel piano di scale con la spesa (invece di prendere l’ascensore) o altre azioni faticose ma benefiche per il nostro corpo.
  • Noia. Affrontare la noia è forse la cosa più difficile che possiamo fare in questa era dell’iper-connessione. Eppure incorporare intenzionalmente periodi di noia o “vagabondaggio mentale” nelle nostre vite offre enormi benefici in termini di produttività e creatività. Anche solo una passeggiata di 20 minuti al giorno senza telefono (ripeto, SENZA TELEFONO) può aiutarci a riposare la nostra mente e a stimolare il nostro pensiero laterale.
  • Natura. Parlavamo proprio qualche settimana fa con i corsisti di 365 – un anno epico del Shinrin-yoku, ovvero della pratica giapponese dei “bagni nella foresta“. E il bello è che non dobbiamo andare in Giappone per vivere il nostro personalissimo Shinrin-yoku. Nei periodi più intensi e indaffarati, è sufficiente immergersi nel verde (anche in un parco cittadino) per soli 20 minuti, tre volte a settimana, per ottenere benefici mentali importanti; dalla riduzione dello stress ad una maggiore serenità.

Nei 12 mesi dalla lettura del libro di Easter in lingua originale, ho introdotto molte di queste pratiche nella mia vita, ma quella che più mi entusiasma in questo momento e che sto attivamente pianificando è il Misogi

Esplora i tuoi limiti attraverso la pratica del Misogi

Misogi

Purtroppo non potrò parlare pubblicamente del mio Misogi (è una delle regole suggerite da Easter: chi leggerà il libro capirà perché).

Prima di salutarci, però, ti posso fare una breve introduzione sul Misogi.

Il termine deriva dalla pratica di purificazione Shintoista che prevede un bagno annuale sotto una cascata di acqua gelata nelle foreste del Giappone e per molti versi è simile alla pratica della Lustratio svolta nell’antica Grecia.

In “Troppo comodi“, il termine viene in realtà utilizzato con un significato più ampio ed indica una sfida fisica e mentale da affrontare una volta all’anno e che deve rispettare due semplici regole:

  • Non morire. Beh, direi che questa regola è abbastanza chiara; va bene sfidarsi, ma non dobbiamo essere incoscienti e mettere a repentaglio la nostra sicurezza!
  • Rendila fottutamente difficile. Un vero Misogi deve essere una prova che sia significativamente al di là della nostra famosa zona di comfort. Se ad esempio scegliamo di fare una maratona come nostro Misogi, ma abbiamo già completato 10 maratone in passato, non si tratta di una vera sfida! Un Misogi che si rispetti deve avere una probabilità di riuscita di circa il 50%. Né più né meno. E anche la scelta della sfida non dev’essere troppo banale, ma non voglio fare troppi spoiler. Nel libro è spiegato tutto nel dettaglio 😉

Per concludere…

Mi auguro che questo nuovo articolo di approfondimento ti sia piaciuto e ti sia stato utile. Ecco una breve sintesi di quanto abbiamo visto:

  • Non ne possiamo più di sentirci dire di uscire dalla zona di comfort! Nonostante i tanti comfort dell’era moderna, infatti, ci sentiamo sempre più stressati, oberati di lavoro e stanchi.
  • Ma se il problema fosse proprio la troppa comodità in cui siamo immersi? Sempre più teorie sembrano convergere verso questa conclusione e il non dover affrontare più problemi di vita o di morte è uno dei motivi che ci ha reso insofferenti a problemi di minore entità.
  • Il fatto è che siamo programmati per ricercare la comodità, è scritto nel DNA.
  • Possiamo però tornare ad esporci volontariamente al disagio per ritrovare la nostra parte più selvaggia, sana e felice. Questa è la tesi del libro “Troppo comodi” di Michael Easter.
  • Tra le pratiche suggerite da Easter per ritrovare un sano contatto con la scomodità ne abbiamo viste quattro:
    • Digiuno.
    • Rucking.
    • Noia.
    • Natura.
  • Ma c’è una pratica che più di ogni altra potrebbe aiutarci ad iniziare questo nuovo corso della nostra vita: il Misogi, una sfida fisica e mentale “fottutamente difficile” da fare una volta l’anno.

Voglio concludere dicendo che il libro di Easter è stato in assoluto uno dei 5 migliori libri che ho letto negli ultimi 5 anni. Ed è questo il motivo per cui mi sono attivato con la ROI Edizioni per portarlo anche in Italia e sono orgoglioso che tra alcuni giorni sarà finalmente disponibile (dal 29 marzo per la precisione).

Se questo tema ti ha incuriosito e vuoi anche tu riscoprire la tua parte più selvaggia, sana e felice, lo puoi già pre-ordinare da questo link:

Pre-ordina ora “Troppo comodi: accettare il disagio per riconquistare la nostra parte selvaggia, felice e in salute” (clicca qui)

Buona settimana! E che non sia “troppo” confortevole ;)

Andrea Giuliodori.

Avatar di Andrea Giuliodori
Sono un Ingegnere, nato e cresciuto tra le ridenti colline marchigiane ed oggi vivo e lavoro a Londra. Ho lavorato a Milano come Manager per una multinazionale della Consulenza Direzionale per 7 anni. Da inizi 2015 ho deciso di dedicarmi a tempo p...

scopri di più

Commenta

Devi eseguire il login per inserire un commento.

Gerardo Di Santo

ottimo articolo e ottimi spunti, sicuramente leggerò il libro Andrea!

Andrea Giuliodori

Grazie!

Kreo

Buongiorno Andrea, vivi complimenti per il lavoro di Efficacemente. Sto finendo di leggere questo libro che trovo straordinario e a tratti sconvolgente. Mi incuriosiscono, a questo punto, gli altri 4 titoli che annoveri fra i migliori libri letti negli ultimi anni. Puoi condividerli? Grazie 1000

Andrea Giuliodori

Ciao, qui trovi la lista dei miei 52 libri preferiti di crescita personale: https://go.efficacemente.com/lista-libri/

Carica altri commenti

Registrati gratis per continuare a leggere. Iscrivendoti riceverai anche l’esclusiva newsletter del lunedì di EfficaceMente

Sono già registrato