Donare può renderti più felice. Non solo aiutare gli altri, ma anche migliorare la tua vita.
La cosa ti sorprende? È normale. Ci sono due aspetti che tendiamo a sottovalutare quando doniamo.
Il primo è quanto può renderci felici. Donare non è solo un gesto altruista: è anche una fonte di gioia, significato e realizzazione personale. Eppure spesso non ce lo aspettiamo. Tendiamo a pensare all’altruismo come a una rinuncia, non come a qualcosa che arricchisce anche noi.
Il secondo è quanto possiamo davvero aiutare. È normale avere dubbi: molte organizzazioni benefiche non sono particolarmente efficaci, e alcune fanno addirittura danni. Ma la buona notizia è che, con gli strumenti giusti, anche una piccola donazione può fare una differenza enorme.
Il problema? Fare scelte informate richiede tempo, dati e competenze specifiche. Per questo ho fondato Benefficienza: una non profit che ti aiuta a donare con il massimo impatto.
Per aiutarti a orientarti in questo ambito complesso, in questo articolo troverai alcune indicazioni pratiche per iniziare subito a donare con maggiore consapevolezza e soddisfazione personale.
In particolare, scoprirai come:
- Accedere alle 3 dimensioni della felicità che il dono può generare,
- Moltiplicare l’impatto di ogni euro che doni, seguendo i 5 principi per donare efficacemente.
- Ottenere supporto gratuito per fare tutto questo in modo semplice ed efficace.
Le 3 felicità della donazione
Hai presente A Christmas Carol?
La storia di Ebenezer Scrooge – vecchio avaro e solitario che, nella notte di Natale, si trasforma in un filantropo generoso e felice – ci lascia una domanda seria: donare ci rende davvero più felici, o è solo una bella favola natalizia?
Non ci giro troppo intorno. La risposta è sì: fare del bene ti fa bene.
Nel libro La felicità è un dono, il bioeticista Marco Annoni spiega che la felicità che proviamo nel donare ha tre dimensioni distinte:
- Felicità emotiva
- Felicità cognitiva
- Felicità esistenziale
Vediamo cosa significano, e perché sono importanti.
1. Felicità emotiva: il piacere immediato del dono
Nel 2019, Frances e Patrick Connolly vincono 115 milioni di sterline alla lotteria. Molte persone, al loro posto, avrebbero comprato una villa, uno yacht o forse un’isola. Ma i Connolly no.
La coppia decide di condividere questa fortuna con amici, parenti, e persone in difficoltà. Nel 2022, Frances ha già fondato due organizzazioni benefiche e donato oltre 60 milioni, e alla domanda del perché lo abbia fatto, risponde senza esitazioni: aiutare gli altri le dà una “scossa”, una specie di euforia. E non ne può più fare a meno.
Forse anche tu sai di cosa parla. È quella sensazione di gioia che provi quando fai qualcosa di buono per qualcuno, anche solo una piccola gentilezza. Gli scienziati la chiamano warm-glow effect, l’effetto del “calore luminoso”.
E non serve essere milionari per farne esperienza: basta spendere (anche poco) per gli altri. In uno studio pubblicato su Science, ai partecipanti vengono dati 5 o 20 dollari. Una metà deve spenderli per sé; l’altra per qualcun altro. Il risultato? Chi dona è più felice, indipendentemente dalla cifra donata.
Decine di altri studi confermano: donare ci rende più felici. La psicologa Elizabeth Dunn e i suoi colleghi hanno persino scritto un articolo dal titolo Se il denaro non ti rende felice, probabilmente non lo stai spendendo nel modo giusto. Tra i consigli per comprare la felicità, uno spicca: usa i tuoi soldi per aiutare gli altri, non solo te stesso.
2. Felicità cognitiva: sapere di aver fatto la differenza
Rutger Bregman è uno storico e scrittore olandese. Ma se gli chiedi qual è la cosa più importante che ha fatto, probabilmente non ti parlerà di un suo bestseller o di un dibattito in TV.
Ti parlerà forse di un impegno: donare almeno il 10% del suo reddito, ogni anno, alle organizzazioni benefiche più efficaci.
In un’intervista, ha raccontato:
“Probabilmente è una delle cose più significative che possiamo fare nella nostra vita. Molti di noi hanno lavori noiosi: scriviamo report che nessuno leggerà mai, mandiamo email a persone che nemmeno ci piacciono. E poi, all’improvviso, ci rendiamo conto che siamo nella posizione di poter davvero salvare la vita di altre persone. È qualcosa di straordinario!”
Bregman non parla di una gioia passeggera, ma di qualcosa di più profondo: la consapevolezza razionale di star facendo qualcosa di significativo, dando così maggior significato alla propria esistenza.
E anche questa felicità di tipo cognitivo è supportata dall’evidenza. Un’analisi sulla correlazione tra l’atto di donare e il giudizio complessivo che una persona dà alla propria vita ha trovato che, in 122 su 136 Paesi esaminati, chi ha donato denaro nell’ultimo mese tende a valutare la propria vita come più soddisfacente. Un ulteriore esempio che donare arricchisce anche chi dona.
Felicità esistenziale: vivere secondo i propri valori
Per molti filosofi dell’antichità, il vero scopo della vita era l’eudaimonia. Oggi traduciamo questa parola greca con “felicità”, ma significa molto di più: autorealizzazione, fioritura umana, benessere profondo.
Secondo Aristotele, per raggiungere l’eudaimonia dobbiamo vivere in armonia con la nostra natura. In quanto esseri razionali e sociali, dobbiamo agire con virtù verso gli altri.
Lo stesso vale per Seneca, che scriveva: “Devi vivere per il prossimo, se vuoi vivere per te.”
In altre parole: fare la cosa giusta ci aiuta a vivere meglio. Donare non è solo un modo per aiutare gli altri o sentirsi bene: è un modo per allineare le nostre azioni con i nostri valori. Ci rende migliori. Ci aiuta a vivere quella “buona vita” di cui parlano da sempre filosofi e saggi di molte tradizioni.
Come scrive Marco Annoni:
“Seguire la via del dono è la chiave per una vita più felice, perché più ricca di emozioni positive e di significato, e quindi più soddisfacente, in quanto vissuta in modo etico, realizzando appieno le proprie potenzialità come individui e come membri di una comunità che comprende, in senso esteso, tutti gli altri esseri umani.”
5 principi per fare davvero la differenza
Donare rende felici. Lo abbiamo visto: può darti gioia, significato e allinearti ai tuoi valori.
Ma non dobbiamo dimenticare l’obiettivo: aiutare davvero gli altri.
Perché la verità è che, come vedremo nelle prossime sezioni, molte donazioni non funzionano. A volte fanno poco. A volte niente. A volte, addirittura, fanno danni.
“Non basta fare il bene,” scriveva Diderot. “Bisogna anche farlo bene.”
La buona notizia? Oggi hai degli ottimi strumenti per riuscirci.
Il filosofo William MacAskill lo spiega così:
“Viviamo in un’epoca in cui abbiamo la tecnologia per raccogliere facilmente informazioni sulle persone a migliaia di chilometri di distanza, la capacità di influenzare in modo significativo le loro vite e le conoscenze scientifiche per capire quali sono i modi più efficaci di aiutare. Per queste ragioni, poche persone che siano mai esistite hanno avuto tanto potere di aiutare gli altri quanto ne abbiamo noi oggi.”
In altre parole: anche una persona ordinaria, se fa scelte informate, può avere un impatto straordinario.
Ecco allora 5 principi per donare efficacemente, e moltiplicare l’impatto di ogni euro che doni.
1. Prendi sul serio la scelta di dove donare
Quando compri un computer, un’auto o prenoti una vacanza, cosa fai? Confronti le opzioni. Valuti il rapporto qualità-prezzo. Cerchi il miglior risultato per il tuo investimento.
E quando doni? Capita spesso di farlo d’impulso, magari dicendo “sì” al primo ragazzo con la pettorina fuori dal supermercato.
Curioso, no?
Eppure la posta in gioco è altissima: parliamo della salute, del benessere e perfino della vita di altre persone.
Questo accade perché sottovalutiamo le differenze di costo-efficacia tra diverse organizzazioni benefiche. (Un’organizzazione è più costo-efficace se ha un impatto positivo maggiore a parità di donazioni ricevute. È come dire che ha un miglior rapporto qualità-prezzo)
Un team di ricercatori di Oxford e Harvard ha chiesto a centinaia di persone di stimare quanto fosse più costo-efficace il miglior ente di beneficenza rispetto a uno medio. La risposta mediana è stata di circa 1,5-2 volte.
Poi, hanno fatto la stessa domanda a 45 esperti di economia sanitaria, sviluppo internazionale e valutazione delle organizzazioni benefiche. La risposta mediana? L’ente migliore è 100 volte più costo-efficace di quello medio.
Questo significa che, semplicemente scegliendo con attenzione a chi donare, puoi centuplicare il tuo impatto – aiutare 100 volte di più chi più ne ha bisogno – senza spendere un euro in più.
2. Scegli cause ad alto impatto
Non tutti i problemi sono uguali. Alcuni offrono opportunità di impatto più grandi di altri. E dato che non abbiamo abbastanza risorse per risolverli tutti (non subito, perlomeno), è importante scegliere con cura le cause da sostenere per prime.
Un buon modo per farlo? Cerca cause che siano:
- Grandi: colpiscono tante persone in modo grave.
- Trascurate: ricevono poca attenzione e pochi fondi.
- Risolvibili: hanno soluzioni pronte, efficaci, già testate.
Un esempio di causa ad alto impatto? La salute nei Paesi a basso reddito.
- Scala: quasi 700 milioni di persone, l’equivalente di 11 Italie, vivono in povertà estrema, con accesso limitato a beni essenziali e assistenza medica.
- Di conseguenza, oltre 16.000 bambini muoiono ogni giorno: come se 80 aerei si schiantassero quotidianamente. La maggior parte muore per cause prevenibili, come la malnutrizione e le malattie infettive.
- Trascuratezza: nei Paesi a basso reddito si spendono solo circa 100 € all’anno per persona in assistenza sanitaria, contro i 5.000 € in Europa.
- Risolvibilità: esistono interventi efficaci, economici e supportati da rigorose evidenze scientifiche – come vaccinazioni, integrazione di vitamina A o distribuzione di zanzariere antimalariche.
In contesti come questi, i bisogni sono più grandi, più trascurati e più facilmente risolvibili rispetto a quelli che troviamo in Paesi come l’Italia. Quindi, anche una piccola donazione può avere un impatto enorme.
3. Segui la ricerca, non il marketing
Sembrava un’idea geniale: giostre che, girando, pompano acqua potabile per interi villaggi africani. Gioco per bambini e aiuto umanitario in un colpo solo.
È così che PlayPumps International ha ricevuto milioni in donazioni, vinto premi internazionali e conquistato il supporto di celebrità come Laura Bush e Jay-Z.
Ma nel 2007, un’indagine ha svelato la realtà. Le giostre erano faticose da spingere: i bambini si stancavano subito, e in alcuni villaggi venivano pagati per “giocare”.
Peggio ancora, erano più costose e meno efficienti delle pompe che hanno sostituito: una stima calcolò che, per raggiungere l’obiettivo prefissato, ogni giostra avrebbe dovuto girare ventisette ore al giorno.
La lezione è chiara: una bella storia non basta.
Senza dati, analisi e valutazioni indipendenti, anche il progetto più affascinante può non ottenere i risultati promessi. O peggio, causare danni.
Per fortuna, esistono centri di ricerca indipendenti come GiveWell, che dedica più di 60.000 ore di ricerca all’anno per trovare le organizzazioni benefiche che, a parità di donazione, salvano o migliorano la vita a più persone. Non valutano solo la costo-efficacia, ma anche la trasparenza, l’evidenza scientifica e il potenziale di crescita.
Grazie a queste ricerche, oggi possiamo scegliere dove donare con la stessa attenzione con cui prendiamo altre decisioni importanti.
4. Non farti ingannare dai “costi di struttura”
“Questa onlus è fantastica: il 90% delle donazioni va direttamente ai bambini.”
Quante volte hai sentito (o pensato) una frase così?
È un’idea intuitiva: più soldi vanno ai progetti, meglio è. Ecco perché molti pensano che, se un’organizzazione spende molto nei cosiddetti “costi di struttura” (stipendi, fundraising, spese amministrative), non sia una buona scelta.
Questo è un falso mito. I costi di struttura non dicono nulla su ciò che conta davvero: i risultati.
Riprendi l’esempio di prima: se PlayPumps International avesse avuto costi di struttura bassissimi, spendendo il 99% delle donazioni per installare le giostre inutili, sarebbe stata un’ottima organizzazione? No: avrebbe solo fatto dei danni in modo più efficiente.
Peggio ancora, tagliare troppo sui costi di struttura può ridurre l’impatto. Chi investe in una solida infrastruttura, dipendenti competenti e un buon sistema di monitoraggio dei risultati può ottenere molto di più, anche se la percentuale spesa “sul campo” è minore. Se PlayPumps International invece avesse investito nel capire prima se quelle giostre funzionavano davvero, avrebbe evitato sprechi e ottenuto più impatto.
La domanda giusta non è “quanto va ai progetti?”, ma “quanto bene fa ogni euro che dono?” – la costo-efficacia di cui abbiamo parlato al punto 1.
5. Usa il Fisco a tuo favore (e moltiplica l’impatto)
E se ti dicessi che puoi donare di più… senza spendere di più?
No, non è magia. È la legge.
Lo Stato italiano premia chi dona a enti del Terzo Settore, con incentivi fiscali generosi.
Se sei un privato, hai due opzioni:
- Detrazione del 30% dell’importo donato dall’imposta lorda, fino a 30.000 € annui (ma ci possono essere altri limiti).
- Deduzione fino al 10% del reddito complessivo dichiarato, con possibilità di riportare l’eccedenza per quattro anni.
Puoi usare questo calcolatore per capire cosa ti conviene, ma la sostanza è semplice: una parte di ciò che doni (dal 30% a quasi il 50%) ti viene restituita.
Ad esempio:
- Vuoi “spendere” 1.000 € in donazioni.
- Doni 1.430 €.
- Grazie alla detrazione, lo Stato ti “rimborsa” 429 € (il 30% di 1430).
Risultato? Quasi il 50% di impatto in più, a costo zero.
Dona meglio, senza fatica
Anche solo seguendo uno di questi 5 principi, puoi fare molto di più per chi ha davvero bisogno.
Ma se li applichi tutti, il tuo impatto si moltiplica. E con lui anche la tua felicità emotiva, cognitiva ed esistenziale.