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Nell’articolo di oggi affrontiamo un problema sempre più comune: l’overthinking. Come avrai intuito e come dice la parola stessa, si tratta di pensare troppo, ma possiamo affermare con certezza che questo aspetto non sia l’unico problema. Cominciamo?

Cos’è l’overthinking?

Non si fa nemmeno in tempo a tradurre questa parola, che immediatamente la prima immagine che ci viene in mente è una testa che non smette di parlare e fare collegamenti. Questo potrebbe sembrare anche un vantaggio quando stiamo cercando di risolvere un problema (anche se vedremo che non è così), ma diventa un handicap quando diventa pesante ruminazione.

Immagino tu sappia benissimo di cosa si tratta: la mente inizia a pensare a qualcosa e in pochi minuti diventa un treno impazzito e irrefrenabile. Di conseguenza lo stress aumenta e insieme ad esso le sensazioni d’ansia e di rabbia per non riuscire a farla stare zitta. Di solito questo avviene in un momento in cui avresti proprio bisogno che la mente smettesse di parlare.

Ma è davvero un problema?

Mi è capitato di incontrare persone orgogliose del fatto che la loro mente fosse irrefrenabile, convinte che una mente senza freni sia una mente in controllo solo perché occupata.

Ogni volta, io chiedo se sono in grado di farla smettere di parlare e loro si rifiutano di provarci, convinti che non sia una cosa possibile e difendendo lo stato presente delle cose, quello in cui pensano molto. Troppo.

Parliamoci chiaro: l’overthinking è un problema, e anche piuttosto grosso. E non perché ci rende più intelligenti degli altri, anzi. Ma perché fa danni: vediamo quali.

Gli effetti dell’overthinking

Il primo e più devastante effetto del ruminare è l’aumentato rischio di depressione e sintomi di ansia in adulti e adolescenti quando questo meccanismo entra in gioco dopo eventi di vita stressanti. Non tutti reagiscono in maniera dannosa allo stress ma, chi usa questo meccanismo come metodo di gestione, ha un maggiore rischio di intaccare la propria salute mentale. Già questo potrebbe essere un campanello d’allarme bello grosso per convincerci a intervenire in nuove maniere.

Non solo aumenta i rischi di cadere in depressione e sintomi d’ansia, ma anche di disturbi da alimentazione incontrollata e altri comportamenti autodistruttivi.

Ma la cosa più notevole è che impedisce il problem-solving. Per chi non è vittima di questo problema, questa sembrerà un’ovvietà, ma spesso chi c’è dentro crede che una mente attiva sia una mente funzionale. In questo caso, è il contrario.

Ah, a proposito: rovina anche il sonno.

Ma non posso fermare la mia mente: sono io!

Già il concetto di poter intervenire dall’esterno sulla mente come oggetto dovrebbe farci riflettere. Se possiamo identificare la nostra mente come la nostra mente e non come io, significa che le due cose probabilmente sono distinte. E comunque, ci tengo a comunicare una notizia incredibile: sì, si può fermare la mente.

Naturalmente lo si può fare in modi diversi, e non stiamo parlando di metodi estremi o di sostanze psicotrope potentissime o anestesie, ma di meditazioni, azioni e condizioni specifiche.

Ricordo la prima volta che ho affrontato quest’argomento: ero a Montalcino con un mio collega insegnante, in una scuola privata molto particolare di cui ero il coordinatore. Eravamo nel bosco con i bambini e il mio amico ha chiesto agli studenti (tra i 5 e gli 8 anni):

“Secondo voi è possibile non pensare?”

Immediatamente i bambini hanno risposto, quasi all’unisono, con un secco NO.

In meno di 10 secondi, il mio collega gli ha dimostrato il contrario. Ha detto loro: seguite con lo sguardo il mio dito. E ha cominciato a muoverlo in maniera casuale, lenta, nello spazio davanti a loro. I bambini, attentissimi, non hanno lasciato lo sguardo per un istante. Dopo pochi secondi, il mio collega ha smesso di muovere il dito e ha chiesto ai bambini:

“A cosa stavate pensando?”

E in un attimo hanno capito che non stavano pensando a nulla.

Se davvero noi siamo le nostre menti, allora quei bambini hanno smesso di esistere per qualche secondo, o hanno avuto solo una mente silenziosa e disciplinata?

Come farla stare zitta e fermare l’overthinking

Abbiamo già parlato dello stato di flow in altri articoli e in qualche materiale aggiuntivo, torniamo dunque a parlarne qui. Nell’episodio che ti ho raccontato, anche se per un breve istante, tutti i bambini (io incluso) erano in uno stato di flow:

  • Attenzione focalizzata
  • Buon equilibrio tra sfida, sforzo e comfort
  • Piacere nell’azione da eseguire

La mente non solo ha smesso di parlare, ma lo ha fatto istantaneamente. Questo è un indizio ulteriore che si può intervenire abbastanza agevolmente per tornare a mettere un guinzaglio al nostro overthinking.

Se ti ritrovi in un momento problematico in cui la tua mente non la smette di infastidirti, puoi provare a intraprendere un’attività che ti metta in stato di flow. Se non conosci quali sono le attività che ti mandano nello stato di flow, ti rimando a questo articolo, dove troverai una piccola guida per scoprirle.

In ogni caso, puoi provare questo semplice esercizio:

Ovunque tu sia, inizia a descrivere in maniera oggettiva e asciutta il luogo in cui ti trovi.

Per farti capire cosa intendo con “oggettiva e asciutta”, ti faccio un esempio del luogo in cui mi trovo ora:

  • Parete bianca
  • Quadro con scritto Viaggio in nero su bianco
  • Cassettiera da 120 bianca – 4 cassetti
  • 4 cubi libreria
  • Chitarra classica appesa alla parete

E così via. Posso andare più in dettaglio o descrivere altre cose, ma avrai notato che non ci sono opinioni: solo informazioni base inconfutabili. Prova per 3 minuti, dopo continua pure a leggere l’articolo.

Il miracolo dell’attenzione

L’attenzione focalizzata utilizza troppa energia perché ne rimanga altra disponibile. Per cui, se inizi qualcosa che ti richiede una focalizzazione abbastanza forte, la tua mente non potrà fare molto altro che seguire quell’attività e quella tua decisione.

Naturalmente questo non è l’unico modo per intervenire attivamente sull’overthinking. Di soluzioni ce ne sono anche altre, a breve e lungo termine. Quello che io farei (e ho effettivamente fatto quando ne soffrivo) è occuparmi di pensare a lungo termine: non cercare soluzioni immediate, ma di lavorare perché non mi serva nemmeno più una soluzione.

Un piccolo disclaimer a questo punto: pensare troppo, come abbiamo detto, può essere causa di disturbi anche seri e difficili da estirpare. In quei casi è sempre imperativo richiedere l’aiuto di uno specialista. Da non tutti i pozzi si può uscire da soli e richiedere una corda non è un fallimento… ma l’unica via di successo.

Detto questo, ci tengo a dirti che ci sono diverse meditazioni che fanno questo lavoro, sia per il breve che per il lungo termine. Al termine di questo articolo ti lascerò qualche istruzione per eseguire una meditazione particolare che dovrebbe darti una mano nell’immediato.

Per adesso ci tengo a dirti che non sei solo: l’overthinking si è preso per tanto tempo le vite di molti di noi e ne si può uscire, con il giusto mindset e pratiche che guardano alla costruzione di buone basi, piuttosto che soluzioni palliative.

Liberarsi della mente con il suono giusto

Immagino tu abbia sentito il suono Ohm: è famoso ed è quasi un cliché della meditazione. Nonostante abbia anche connotati religiosi, facciamo anche noi come gli scienziati e spogliamolo delle identità spirituali e religiose e prendiamolo come suono e basta. Esiste uno studio pilota che ha dimostrato come il cantare ripetutamente il suono Ohm disattivi significativamente le seguenti aree del cervello:

  • bilaterale orbitofrontale
  • cinglato anteriore
  • talamo
  • ippocampo
  • parte dell’amigdala. 

Al contrario, il suono Ohm non sembra aver attivato niente di particolare, solo una specifica disattivazione rispetto al cervello in situazione di riposo, quindi fuori da attività specifiche.

Conclusioni

Quale migliore occasione di usare questa conoscenza per calmare un cervello troppo attivo?

Siccome questo tipo di meditazioni è molto potente ti consiglio di farle se ti senti bene, al sicuro e a tuo agio. La breve pratica che ti lascio in fondo all’articolo crea un rilassamento profondo, nel caso non spaventarti e piuttosto goditi il rilassamento.

Non vedo l’ora di sapere come sarà andata.

Noi ci sentiamo al prossimo articolo.

Ti abbraccio,

Severino.

Avatar di Severino Cirillo
È scrittore, insegnante e studente. Dal 2015 ha pubblicato sei romanzi e insegnato in oltre sette scuole tra Pechino e Shanghai. Cammina tanto, forse troppo, e gli piace attraversare nazioni a caso, di solito con mezzi che diventano anche il suo lett

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Gennaro

Andrea qua l’è l’età a cui si puoi iniziare la pratica della meditazione? Anche dai 10 anni in su, per esempio?

Andrea Giuliodori

Ciao Gennaro,
sì, anche prima, dai 5 anni ad esempio. Molte scuole la stanno introducendo con ottimi risultati per il benessere dei bambini.

Severino Cirillo

Gennaro, ti confermo quello che ha detto Andrea. Noi siamo riusciti a fare delle pratiche in piccole scuole anche con bambini fino ai 3 anni. Brevi, ma si riesce a fare già molto.

F.

Io penso che la causa di ciò sia il fatto di non essere in grado di parlare dei propri problemi e/o di non avere nessuno disposto ad ascoltare veramente.
Di fatto, i nostri problemi più opprimenti sono diventati solo roba per psicologi (che poi, vai a trovare quello bravo!), mentre con tutti gli altri indossiamo quotidianamente la maschera della “normalità”.
Brutta roba l’individualismo, brutta ben.

Marco

D’accordissimo. Siamo sempre più chiusi. Io do un 50-60% di colpa ai social e alla estrema dipendenza che abbiamo dalla tecnologia

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