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L’articolo di oggi affronta un argomento che sembrerebbe solo una fetta di ciò che stiamo trattando da molte angolazioni, ma che in realtà è il penultimo livello raggiungibile verso la felicità: il vivere sereni. La nostra vita è costellata da preoccupazioni, anche per come è costruita la nostra mente, ma ci sono strade che conducono all’affronto della quotidianità in maniera serena e alcune le esploriamo oggi.

vivere sereni

Cosa significa vivere sereni?

Prima di tutto dobbiamo cercare di capire che cosa significa serenità e usare una definizione che ci sia utile per poterci orientare al meglio.

Useremo dunque una definizione psicologica più che una da dizionario, perché ci sarà più utile di “libero da tempeste” o amenità simili. Vediamo come il mondo psicologico definisce serenità:

“Uno stato psicologico di pace e calma nel quale non c’è nessun disagio fisico o conflitto morale. Si riferisce anche all’abilità di rimanere calmi in situazioni stressanti.”

Solo a leggere la definizione si percepisce il senso di tranquillità che questo stato porta con sé. Assomiglia al mare al mattino, in un giorno senza nuvole di primavera inoltrata. Come sarebbe bello vivere in questo stato la maggior parte del tempo, eh? Eppure, molto spesso, vivere sereni sembra impossibile o, al massimo, una breve transizione tra una tempesta della vita e l’altra.

Ma se invece non fosse uno stato di transizione? Se ci fosse un modo per renderlo qualcosa di diverso?

La trappola delle aspettative

vivere sereni aspettative

Prima di addentrarci nelle modalità più efficaci per raggiungere almeno un buon livello di serenità, dobbiamo comprendere quali sono le prime minacce a questo stato e, nell’ordine, possiamo identificarne principalmente tre:

Come abbiamo già visto in altri articoli, la modalità di pensiero è il più grande alleato (o il primo nemico) quando si tratta di benessere psicofisico. Letteralmente, avere un atteggiamento ottimista fa il 70% del lavoro, ma è un’abitudine che va costruita nel tempo.

Per il disordine invece la questione è ancora più semplice da declinare: sei mai entrato in una SPA? C’è un motivo se tutto è ordinato e pulito: è molto più difficile per la nostra mente rilassarsi dove c’è caos.

Ma il nemico più forte da sconfiggere sono, appunto, le nostre aspettative.

Il pensiero magico e l’età adulta

Le aspettative che ci creiamo sono basate sulle nostre esperienze passate, sulla nostra personalità e sulle nostre capacità cognitive. Per aiutarci a spiegarle meglio possiamo usare il lavoro di Piaget, il famoso psicologo dello sviluppo. Lui osservava come i bambini non distinguessero il mondo soggettivo dal mondo reale. I piccoli sotto i sette anni, infatti, tendono a credere che il loro pensiero faccia direttamente accadere le cose: per esempio che il pensare intensamente che il fratellino cadrà dalle scale, lo farà effettivamente cadere.

Come avrai notato, se conosci la legge dell’attrazione, gli adulti non smettono di credere a quest’idea, nonostante dovrebbe almeno parzialmente andare persa dopo l’adolescenza.

È difficile lasciar andare il concetto che il solo “aspettarci” che qualcosa succeda, la farà succedere.

Purtroppo, qual è il problema di questo tipo di pensiero magico da adulti? Quando questo non ha supporto nel mondo reale, crea discrepanza tra la realtà e ciò che noi ci aspettiamo da essa. E ogni volta che non accade ciò che assurdamente ci aspettiamo, rimaniamo delusi. O, peggio, coltiviamo risentimenti e frustrazioni. E più lo facciamo, più queste modalità di pensiero e comportamento si cementano e diventano difficili da smantellare.

Regolare la prospettiva per il mondo “reale”

Ok, cominciamo con una premessa: sono espressamente contro i “realisti” che usano l’essere realisti come scusa per vivere meno.

Nonostante questo, dobbiamo prendere atto che una realtà oggettiva esiste e che non possiamo imbrigliarla. Come si dice: la mappa non è il territorio. E c’è un motivo: i nostri modelli mentali sono delle riduzioni della realtà che usiamo per interpretarla nel migliore dei modi e per poterla navigare.

Un buon modo per fare un “reset” delle varie discrepanze che si creano tra le nostre credenze e la realtà è ricordarsi di prendere atto di dove siamo nell’universo. È certamente un esercizio che avrai già fatto, ma una volta di più non farà male.

  • Sei su un pianeta con altri 7 MILIARDI di esseri umani come te che si credono i protagonisti assoluti del proprio film
  • Nei loro film sei solo un attore secondario o una comparsa, oppure niente.
  • Questo pianeta è popolato da trilioni di altri esseri viventi.
  • È in un sistema solare gigantesco che è nulla in confronto alla propria galassia.
  • Nemmeno la nostra galassia è altro che un piccolo puntino tra altri miliardi di galassie.
  • Tutto questo sta “vivendo” da circa 13 MILIARDI di anni.

Perché ho voluto ricordarti di questa cosa? Perché qualsiasi avvenimento stia accadendo nella nostra vita, dal più dolce al più grave, verrà inevitabilmente distorto dalla nostra percezione. A questo punto, questa inevitabile distorsione, sarà meglio iniziare a usarla a nostro vantaggio. Questo significa lasciar andare le aspettative? Forse no.

Contenti non vuol dire arresi

vivere sereni arresi

In ognuna delle nostre esperienze, ci saranno cose che abbiamo e cose che non abbiamo. Se, almeno una volta, abbiamo provato a fare una breve lista delle cose di cui siamo grati, ci saremo accorti che con un po’ di attenzione possiamo sempre trovarne almeno dieci.

Posso testimoniare direttamente: ho fatto fare questo esercizio a centinaia di persone anche durante periodi molto duri e, nonostante le inevitabili resistenze (“Ma io non ho nemmeno UNA cosa di cui essere grato! Figurati dieci!”), tutti le hanno sempre trovate.

Nel focalizzarsi su ciò che si ha già, si potrebbe pensare di perdere l’interesse verso le cose che ancora non si hanno e che si desidera raggiungere. È una trappola mentale in cui si può facilmente cadere, rigettando invece un più utile apprezzamento del punto di partenza. Che spesso, di per sé, è in grado di darci un buon livello di serenità. Serenità che potremo utilizzare come scudo nei momenti difficili che attraverseremo tentando di raggiungere i nostri obiettivi.

Vivere sereni e la scala della felicità

Date le seguenti premesse che abbiamo appena visto:

  • Aggiustate le nostre aspettative a un buon equilibrio tra realtà soggettiva e oggettiva
  • Focalizzati i nostri pensieri su ciò che abbiamo e non su ciò che non abbiamo
  • Preso atto che non siamo il centro dell’universo e mai lo saremo

Possiamo da qui partire a vivere meglio, esplorando in che punto della scala si posiziona il vivere sereni. Secondo Mo Gawdat, i livelli di felicità sono cinque, come gli stati che possiamo esperire nel nostro percorso. Nell’ordine troviamo, dal basso verso l’alto:

  1. Stato di confusione: uno stato in cui ci facciamo condizionare dalle illusioni (principalmente credenze e ego)
  2. Stato di sofferenza: appena al di sopra delle illusioni, rimuginiamo su esperienze e pensieri negativi
  3. Stato di evasione: per sfuggire allo stato di sofferenza usiamo continue armi di distrazione e di piacere a breve termine
  4. Stato di felicità: questo è lo stato del vivere sereni. I pensieri sono allineati, l’analisi lucida e le aspettative realistiche
  5. Stato di gioia: lo stato di chi ha accettato la vita com’è e ci si è immerso fino in fondo senza maschere (che poi è uno dei segreti della felicità)

In questo articolo, dunque, stiamo cercando di mirare almeno allo stato numero 4, perché del quinto ci occuperemo con costanza da qui in poi.

Come raggiungere lo stato del vivere sereni

vivere sereni stato

Per cominciare, vorrei proporti un esercizio che ti chiedo di fare con onestà e tranquillità, in modo da iniziare a resettare la situazione e avvicinarti il più possibile allo stato numero 4. Tieni conto che questo è uno stato permanente, una volta superati i primi tre, ma l’obiettivo vero è naturalmente lo stato di gioia.

Esercizio del lasciar andare

“Quando lascio andare quello che sono, divento quello che potrei essere.”

Lao Tzu.

È un esercizio semplice e altamente simbolico, ma serve a cominciare il percorso di pulizia che inevitabilmente andrà intrapreso per poter vivere una vita più felice e, prima ancora, serena.
Se vuoi provare a farlo, dividi in due un foglio verticalmente in modo da avere una colonna destra e una colonna sinistra.

Nella colonna a sinistra metterai persone e nella colonna destra metterai cose.

Vorrei che tu indicassi nella colonna a sinistra le 10 cose che più utilizzi durante una giornata, mentre a sinistra le 10 persone che ti sono più vicine. Non solo amici e familiari, ma anche semplicemente persone che occupano una parte della tua attenzione e del tuo tempo. Anche in negativo.

Quando hai finito entrambe le liste, osserva bene entrambe le liste e scegli: tra le persone e le cose, trova quelle che hanno un apporto nullo o negativo sulla tua vita e tira una riga sopra il loro nome.

Ora chiudi gli occhi e immagina la tua quotidianità con lo spazio liberato da quella persona e quella cosa. Osserva con attenzione come ti senti a riguardo e, quando sei pronto, riapri gli occhi.

Spogliarsi per vivere sereni

Come avrai intuito, per vivere sereni è necessario fare un lavoro a matrioska, spogliandosi degli strati più esterni, delle maschere e di ciò che è superfluo o dannoso per la nostra quotidianità, in modo da avvicinarsi sempre di più alla nostra identità più reale e ai suoi desideri più intimi.

Per questo, parleremo anche dell’ego e delle sue trappole ma, per ora, cominciamo con un inventario di poche piccole cose di cui dobbiamo spogliarci nella nostra quotidianità. A tal proposito, ho preparato un modello in PDF che potrai usare per compiere i primi passi in questo “svestimento verso la serenità”.

Se vuoi, lo puoi scaricare dal form qui sotto.

Io ti mando un forte abbraccio e ci sentiamo al prossimo articolo!

Avatar di Severino Cirillo
È scrittore, insegnante e studente. Dal 2015 ha pubblicato sei romanzi e insegnato in oltre sette scuole tra Pechino e Shanghai. Cammina tanto, forse troppo, e gli piace attraversare nazioni a caso, di solito con mezzi che diventano anche il suo lett

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Geralt

Molto interessante anche questo articolo. Provo a dire la mia.

L’uomo da sempre ha cercato il minimo indispensabile per poter essere felice: cibo di cui nutrirsi, un bicchiere d’acqua fresca e pulita con cui dissetarsi, un tetto sopra la testa, un letto dove poter riposare, altri uomini con cui fare clan e tessere relazioni sociali, labbra femminili da poter assaporare, per una notte soltanto o per una vita intera.
L’equilibrio psicofisico di un uomo dipende dall’equilibrio di tutti questi fattori.
E’ quello che rappresenta il minimo indispensabile per raggiungere la felicità.

Da notare che nel mio elenco non ho inserito auto lussuose, ville da 300mq, viaggi ai Caraibi o altro. Non c’è nulla legato all’aspetto economico, anche se è innegabile che tra piangere su una Punto e piangere su una Porsche, è sicuramente meglio la seconda.

L’esercizio che proponi, quello del “lasciar andare”, si va a innestare nell’arcinoto sentiero del “fregatene”, del “pensa ad altro”. Il problema è che è impossibile fregarsene di tutto ciò che serve per essere felici e sereni.
Perchè ad un disoccupato che ha difficoltà ad arrivare a fine mese, o ad un bruttino che ci ha provato con 100 donne ed è stato sempre rifiutato, anche dopo aver grattato il fondo del barile, come si fa a dirgli: “lascia andare”? Come si fa a dirgli di fregarsene, di volgere il suo pensiero altrove?
E’ come se ad un uomo in carrozzella che vuole tornare a camminare si dicesse “Amico, fregatene…la vita è bella anche così”….e subito dopo vai a farti una corsetta al parco.
Lui vuole alzarsi da quella carrozzella, vuole camminare tutti gli altri. Non volare, non fare le acrobazie. Camminare. Solo camminare.

I consigli che molti psicologi ed esperti di crescita personale danno per vivere sereni, sono applicabili a chi guadagna 3K€ al mese e fa i capricci perchè non riesce ad andare 2 volte all’anno ai Caraibi. O a chi ha avuto 20 donne in passato e si fissa sull’unica che non lo vuole. In questo caso, è vero che bisogna spogliarsi del superfluo e concentrarsi sui propri mezzi.
Ma quando i mezzi mancano? Quando sono un poveretto senza un soldo in tasca? Quando non riesco ad avere uno straccio di donna manco a cercarla col radar? Quando sono seduto in carrozzella?
Difficilmente chi vive una vita tutto sommato soddisfacente, finisce in psicoterapia o cerca aiuto nel self-help. Chi ci finisce, quasi sempre è chi non ha neanche il minimo indispensabile per vivere.

Perchè la fame di chi non riesce a permettersi il caviale, è molto diversa dalla fame di chi non riesce a permettersi neanche un tozzo di pane.

Perchè lo staccarsi dai propri bisogni più primordiali, è alla portata solo di un monaco zen o di un asceta.

Perche a quell’amico in carrozzella, piuttosto che dirgli come prima cosa di mollare e vivere sereno, io gli direi: “Amico, sali in macchina e vediamo se c’è un dottore, anche uno soltanto, che è in grado di rimetterti in piedi e farti camminare con le tue gambe”
Solo allora, solo dopo aver girato tutti i dottori del pianeta, solo dopo averle tentate tutte, gli potrei dire di pensare ad altro e fregarsene.
Non prima. Non subito.

Tutto questo per dire che consigli del genere non sono sbagliati in assoluto, ma vanno contestualizzati. Adattati alla propria realtà e al proprio vissuto. Diversamente si rischia che un tizio che ha preso solo sberle nella vita, si senta quasi in torto perchè ogni tanto vorrebbe sorridere.

Severino Cirillo

Ciao Geralt. Credo che gli esempi che hai portato siano proprio gli esempi principe. La quasi totalità di questi esempi sono di persone che non accettano il loro punto di partenza.

Il punto di partenza di ognuno di loro è diverso e ognuno di loro vorrebbe essere altrove da dov’è.

Ma per arrivare “altrove” puoi partire SOLO da dove sei: che tu abbia le gambe o no, che tu abbia donne o no, che tu abbia cibo o no.

Il lasciare andare non significa fregarsene, significa prendere atto. E prendendo atto, si può agire davvero.

Parafrasando chi in carrozzella ci è finito dal massimo successo, cioè Zanardi che è sempre un grande esempio:

“Quando mi sono svegliato, mi sono concentrato sulla parte che è rimasta e non su quella andata persa.”

Senza un chiaro punto di partenza (che può anche essere non il migliore di tuttti, naturalmente) non si può intraprendere nessuna direzione.

Federico

Sembra impossibile, ma ho fatto fatica a riempire entrambi gli elenchi…

Severino Cirillo

Hai scoperto qualcosa di utile? Di sicuro non è un esercizio semplice :)

Isa

Mi sembra che hai fatto un po’ di confusione con le colonne sx, dx /nomi, cose.

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