Sai cosa sono le onde cerebrali? Vediamo perché conoscerle può aiutarti a trovare la concentrazione e migliorare le tue sessioni di studio.
Qualche giorno fa ho parlato di suoni binaurali, condividendo la mia esperienza su un tema sempre molto dibattuto.
Oggi, per certi versi, voglio proseguire questo percorso di “esplorazione” dei metodi di potenziamento dell’efficacia della nostra mente attraverso le onde cerebrali. L’obiettivo è cercare di capire se ci sia effettivamente qualcosa di concreto o… se si tratti di una semplice moda new age!
Vediamo subito di che si tratta e che cosa ho dedotto dopo aver cercato di migliorare il mio equilibrio con la meditazione.
Cominciamo con una certezza: le onde cerebrali sono il risultato di un’attività elettrica del tessuto nervoso del sistema centrale.
La loro esistenza è certa. Detta in parole semplici, è possibile individuarle e monitorarle mediante tracciati grafici che evidenziano l’attività elettrica del nostro cervello.
A seconda della frequenza le onde cerebrali si possono distinguere in:
Attenzione però: il fatto che queste onde viaggiano su diversa frequenza, non significa che il nostro cervello le attivi una per volta. Le onde cerebrali, infatti, sono costantemente attive, per il tutto il giorno: a seconda delle attività che svolgiamo, però, alcune saranno più sollecitate in certe zone e mostreranno più attività, mentre altre opereranno con minore intensità in altre zone. Nessuna sarà, però, totalmente assente.
Ma come possiamo “usare” a nostro piacimento le onde cerebrali? Prima di capirlo bisogna approfondire le caratteristiche di ognuna, perché ti sarà utile per comprendere meglio quel che dirò.
Cominciamo dalle onde Delta, che sono quelle con la maggiore ampiezza e generalmente legate ad uno stato di sonno profondo, non REM.
Queste onde sono tipicamente più comuni nei bambini piccoli, mentre man mano che si cresce la loro produzione diminuisce. D’altronde, le onde cerebrali Delta sono quelle maggiormente associate all’inconscio e al sonno senza sogni.
Il secondo tipo in base alla frequenza è quello delle onde cerebrali Theta, la cui attività è principalmente collegata al sonno e all’immaginazione.
In questo stadio ci troviamo in una condizione di ispirazione, con occhi generalmente chiusi, corpo fermo e fase REM del sonno. Considerato che, come abbiamo già detto, tutte le onde sono comunque attive in qualsiasi momento della giornata, le onde Theta durante la veglia sono principalmente associate alla creatività e alla vena artistica.
Le onde Alfa vengono di norma associate a uno stato di coscienza vigile, seppur rilassata. Si tratta di onde attivate soprattutto quando la mente è calma e concentrata sulla soluzione dei problemi, o quando si vuole raggiungere lo stato di meditazione.
Le onde Beta sono generalmente stimolate dalle normali attività di veglia, quando la mente è concentrata a percepire gli stimoli esterni. Sono le onde associate alle attività di valutazione delle sensazioni e dei segnali del mondo che ci circonda, e – di conseguenza – di supporto alla selezione e all’esecuzione delle azioni.
Le onde Gamma sono quelle relative a frequenze che vanno da 30 hertz fino a un massimo di 42 hertz (raramente si supera questa frequenza): un’attività dinamica in queste frequenze è generalmente legata a uno stato di grande impiego di energia e di processi mentali particolarmente intensi.
Adesso che sai quali sono le onde e a che frequenze viaggiano, come puoi sfruttarle per una migliore concentrazione e per il tuo benessere?
Diverse ricerche hanno mostrato che l’obiettivo a cui tutti noi dovremmo puntare è quello di mantenere le nostre onde cerebrali in una condizione di equilibrio. In altri termini, fino a quando riusciamo a “rispettare” le frequenze, non ci saranno problemi per la nostra salute emotiva e, dunque, non ci saranno riflessi neuro-fisici negativi.
La situazione cambia, però, se finiamo in condizioni frequenti di sovra-eccitazione e di sotto-eccitazione.
Una sovra-eccitazione prolungata in alcune aree del cervello potrebbe favorire condizioni di ansia, difficoltà nel prendere sonno, stress, rabbia, aggressività. Di contro, una sotto-eccitazione potrebbe condurre a deficit di attenzione e stati depressivi.
La cosa migliore quindi è cercare di intervenire sulle onde cerebrali per mantenerle in una condizione di equilibrio. Meditazione e yoga sono, evidentemente, due dei metodi più apprezzati e comuni per una strategia di allineamento.
Ma perché abbiamo fatto questa lunghissima introduzione?
È molto semplice: se hai letto attentamente dovresti aver capito che ti conviene studiare quando sei in equilibrio con le onde Alfa, che sono quelle che ti consentiranno di raggiungere i migliori risultati in termini di apprendimento.
Sorge quindi una domanda: come raggiungere la “fase Alfa”?
Sappi che (per fortuna o purtroppo!) non esiste un’unica ricetta, ma ci sono diverse possibilità.
Imparare a gestire la propria energia, l’emotività e la concentrazione sono elementi fondamentali per ottimizzare le tue sessioni di studio.
Se vuoi saperne di più, ti invito ad approfondire questi aspetti all’interno di Studia Meno Studia Meglio (Sm2), il manuale sullo studio con cui Andrea ha aiutato più di 13000 studenti a preparare gli esami all’università.
In base alla mia esperienza, sono convinto che potrai raggiungere ottimi risultati se ogni giorno, prima delle tue sessioni di studio, preparerai la mente all’apprendimento con qualche tecnica che ti permetterà di raggiungere uno stato di rilassamento ideale per le sessioni di studio più intense.
Così facendo potrai “ripulirti” da tutti i pensieri negativi, la tensione, lo stress e migliorare la produttività e la creatività.
Ma come fare?
Ci sono dei piccoli interventi quotidiani con cui puoi effettivamente impattare sulle onde cerebrali per raggiungere la concentrazione necessaria per le tue sessioni di studio.
In particolare:
Facendo ciò, dovresti poter liberare la mente, ripulendola da tutte le scorie delle ore precedenti e preparandola ad una buona sessione di studio.
Per quanto tempo devi cercare la concentrazione?
Dipende! Secondo la mia esperienza bastano anche 5-10 minuti prima di ogni sessione di studio. L’importante è essere costanti e, perché no, fare di questa pratica una vera e propria abitudine anche in altri momenti della giornata.
Tuttavia, considerato che ciascuno di noi è diverso e che all’inizio potrebbe essere molto difficile mantenere la posizione e la focalizzazione per così tanto tempo, cerca di trovare la “tua” durata ideale. Potrebbero infatti essere sufficienti anche 2-3 minuti!
A questo punto, voglio condividere con te 3 suggerimenti finali.
Le distrazioni sono il principale “problema” di chi si avvicina a questa semplice tecnica di focalizzazione. Ho messo la parola “problema” tra virgolette perché la verità è che è perfettamente normale che ci siano, l’importante è accorgerti che ti stai distraendo e tornare a focalizzarti in maniera intensa sul respiro. Cercare di diventare un tutt’uno con il respiro ti permetterà di allontanare ogni “svago” della tua mente.
Probabilmente all’inizio ti sembrerà di non ottenere nulla, di perdere tempo e potresti avvertire un crescente fastidio. Anche a me è capitato di provare questa frustrazione, quindi il mio consiglio è cercare di non farti schiacciare da questi giudizi e accettare che questa è un’attività che richiede costanza e pazienza.
È un errore molto comune: man mano che conti le inspirazioni / espirazioni, compariranno nella tua mente alcuni pensieri che dovresti evitare di metabolizzare. Potresti ritrovarti ad accelerare i respiri perché così ti sembra di raggiungere uno stato di concentrazione in minor tempo. Sbagliato: non è una gara di velocità!
A questo punto voglio raggiungere un altro tassello che ritengo fondamentale per il tuo studio: il riposo!
Vediamo quindi come utilizzare le onde cerebrali per dormire meglio. Il miglioramento dei cicli di sonno, che le onde cerebrali possono effettivamente favorire, può concretamente aiutarti ad essere più riposato e scattante anche davanti ai tomi più spaventosi. Ma come fare?
Diversi studi hanno dimostrato che durante il sonno il nostro cervello passa da uno stato di particolare attività Beta (cioè, di veglia “attenta”) a uno stato di attività Alfa (veglia “rilassata”). Con il passare dei minuti prenderanno poi il sopravvento le frequenze Theta, grazie alle quali nella mente verranno proiettate le prime “immagini” e i primi sogni. Successivamente, il cervello abbassa ulteriormente le frequenze, ed entra in uno stato di prevalenza di Delta. Ed è proprio qui che cadiamo in un sonno profondo.
Una volta entrati in questo stato si accede alla fase di sonno REM, dove le onde Beta torneranno a farsi particolarmente attive, stimolando i sogni.
Facciamo una piccola ma importante precisazione: considerato che certe frequenze Beta sono tipiche sia di alcune fasi di sogno che di alcune fasi di veglia (seppur in diverse “configurazioni”), il passaggio dal “sonno Beta” a quello della veglia risulta meno traumatico rispetto al passaggio dal “sonno Delta”, più profondo, alla veglia.
Non solo, la “sequenza” delle onde segue una sorta di ciclo, con il passaggio dalla “fase” Beta a quella Alfa, dalla Theta alla Delta, per poi ricominciare.
Secondo alcuni esperti, questo ciclo ha una durata di circa 45 minuti. Ma non è sufficiente una breve pennichella che completi un solo ciclo per poterci dare il meritato ristoro: è infatti necessario che vengano completati almeno due o tre cicli, e che quindi il riposo sia almeno di 1 ora e mezza o 2 ore e un quarto. Naturalmente, non sfugge nemmeno che un riposo notturno “consigliabile” sia pari a circa 7 ore e mezza o 8 ore, e che dunque preveda il completamento di 5 cicli.
Ma che cosa succede se non si porta a compimento il ciclo? Secondo chi sostiene questo approccio, svegliarsi in uno stadio che non sia quello Beta comporterebbe maggiore stanchezza e minore prontezza di riflessi. Insomma, svegliarsi in una fase – ad esempio – Delta, ci farebbe piombare in una veglia confusa, e impiegheremmo più tempo per poter prendere piena consapevolezza.
Per provare quanto descritto, ho voluto testare se esista o meno una struttura ideale del sonno ma, in verità, non ho avvertito grandi differenze nel fissare una sveglia a metà del presunto ciclo, o alla sua teorica fine.
C’è però da dire che è molto difficile, almeno per me, cercare di capire quando inizi e finisca un ciclo di sonno completo e, in fin dei conti, fattori esterni (attività fisica in ore serali, alcolici, ecc.) potrebbero comunque interferire con la durata standard delle varie fasi.
Insomma, anche in questo caso è bene smentire facili entusiasmi: non esistono ricette universali che possano indicare quando sia il caso di addormentarsi e di svegliarsi, ma sicuramente esistono degli accorgimenti pratici che possono aiutarti a dormire meglio.
E tu quali strategie utilizzi per trovare la migliore concentrazione per le tue sessioni di studio? Fammelo sapere nei commenti!
A presto, Roberto.