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Lo sapevi che l’autostima s’impara già da bambini? In questo articolo vediamo 4 strategie pratiche per insegnare ai più piccoli la serenità e la sicurezza in se stessi.

 “Non ne fai mai una giusta!” “Sei un disastro!” “Guarda i tuoi cugini, loro sì che…”

Quante delle parole che gli adulti dicono ai bambini, spesso senza pensare, hanno un riflesso sulla loro autostima e negli anni si trasformano in problemi di taglia sempre più grande?

La stima di sé è una risorsa vitale. Permette di superare le difficoltà, di stare in salute, di realizzare i propri sogni e diventare adulti di successo.

Difende da ansia, depressione, violenza e da tutti quei disturbi del comportamento così tipici dei nostri anni. Ma è anche un dono delicato da tutelare, che può subire flessioni. Le parole che arrivano al cuore dei più piccoli si depositano e formano il tessuto del loro monologo interiore, cioè del dialogo che avranno con se stessi.

“Sono proprio bravo a…”, “Come posso riuscire a…”, “Voglio davvero…”, “Mi organizzo per…”.

“Non sarò mai capace di…”, “Sono il più scarso di tutti…”, “Non provo neanche, tanto…”, “Non farò in tempo…”.

A seconda dei casi, il monologo interiore potrà essere positivo come una formula magica oppure incarnare una specie di continua maledizione.

Le critiche incessanti, i paragoni, il dito sempre puntato su quello che non va, una costante omissione di gesti d’affetto sono piccole, quotidiane abrasioni dell’autostima dei bambini.

Prendersene cura è un investimento: vuol dire crescere giovani adulti che avranno a disposizione molto più tempo e risorse per realizzare la propria felicità.  

Allora, che siamo genitori, insegnanti, parenti o amici, ecco alcune strategie di comportamento per proteggere l’autostima dei bambini e farla crescere rigogliosa.

1) Fai asciugare il latte versato

I bambini, per definizione, combinano disastri. A volte lo fanno per disattenzione, a volte per dispetto, altre volte con le migliori intenzioni. (Chiedi ai tuoi genitori/nonni. Qualcosa mi dice che anche tu, da piccolo, non eri un modello di virtù).

Non stigmatizzare o drammatizzare gli errori.

Più delle critiche eccessive, delle generalizzazioni come i ‘sempre’ e i ‘mai’, dei grandi perfezionismi, è utile far notare gli sbagli senza mortificare.

La morale funziona davvero poco con il mondo dell’infanzia. Quindi, critica l’errore, non il bambino. E spingilo piuttosto in maniera ferma a trovare da sé una soluzione concreta. “Hai fatto una cosa stupida. Cerca di rimediare” darà sicuramente risultati migliori rispetto a inveirgli contro dicendo: “Sei sempre il solito stupido!”, mentre si corre a risolvere il problema al posto suo.  

In quest’ultimo caso, il bambino proverebbe solo mortificazione e senso d’inutilità, e verrebbero paralizzate due tra le facoltà più importanti tipiche dell’infanzia: l’inventiva e l’intraprendenza.

Se lo spingi a riparare all’errore, invece, imparerà quattro cose fondamentali: 

  • che le sue azioni hanno delle conseguenze e che non c’è sempre ‘l’aiuto da casa’ a toglierlo dai pasticci
  • a orientarsi nella vita in maniera costruttiva 
  • a scoprire che nel suo intimo ci sono risorse speciali per tirarsi fuori dalle complicazioni, quindi a fare affidamento su di sé
  • che sbagliare non deve terrorizzare. L’importante è imparare dagli errori e non ripeterli.  

Non riordina la camera? Lasciagliela così come l’hai trovata. A un certo punto l’entropia schiferà anche lui e lo vedrai brandire l’aspirapolvere.   

Ha litigato con un’amica? Se è colpa sua, insegnagli a scusarsi e a inventarsi una  gentilezza graziosa per fare pace.  

La cosa vale anche in ambito scolastico. Se prende dei brutti voti, è molto più educativo fargli sapere che deve trovare un modo per risollevare la media (studiando per conto proprio o insieme ad alcuni compagni di classe), piuttosto che pagargli delle ripetizioni, convincendolo così del fatto che non ce la può fare da solo. Puoi suggerirgli dei metodi di studio diversi e più efficaci.

Se proprio hai necessità di sottolineare quello che non va nel comportamento del bambino, usa l’ironia (non il sarcasmo): toglie peso e saprà sicuramente avvicinarti di più al suo universo scanzonato rispetto ai paroloni da corte suprema o fotoromanzo. 

 2) Ti sale l’”andiamo a criticare”? Datti all’ippica

O anche alla vendemmia. Ma sul serio. Le esperienze sono un vero toccasana per l’autostima dei bambini.

Oltre a divertirsi, a conoscere il mondo, a imparare, le avventure alla sua portata lo spingeranno a conoscersi: chiarirà le sue preferenze, i suoi bisogni, le sue antipatie. Si troverà di fronte a una buona quantità di piccole decisioni da prendere e piccoli problemi che risolverà con le sue mani. E soprattutto, lui e te scoprirete i suoi talenti. Conoscersi è il primo passo verso la realizzazione di sé (come i Greci sapevano bene).

Osserva quindi quello che ama fare, che sa fare bene e che ripete senza fatica.

A prescindere dal fatto che la determinata attività piaccia anche a te o meno – il mondo è già pieno a sufficienza di figli di matematici obbligati a studiare matematica e, per par condicio, di figli di letterati destinati in fasce all’Olimpo delle Lettere, che poi a metà della vita scappano insieme a coltivare papaveri da oppio in Birmania.

Spingilo a puntare su quello (non sui papaveri da oppio): ad allenare le sue personalissime qualità. C’è chi è agile e chi è resistente. Chi è strategico e chi è istintivo. Chi è logico e chi creativo. Chi spiega meglio di un professore e chi è portato per mettere pace nelle liti. Chi è bravissimo a organizzare e chi a intrattenere gli ospiti.

In ogni bambino è presente il germe della persona che sarà. Lascia stare le tue aspettative, i desideri sepolti pronti a incarnarsi di generazione in generazione e tutte quelle altre meraviglie pronte solo a suscitare ansie da prestazione e grandi infelicità.

Sii obiettivo.

Indicagli con onestà le sue inclinazioni. E fai un esperimento. Almeno per una settimana, inverti la rotta e cambia le tipiche espressioni del lessico famigliare. Sostituisci “Quand’è che ti deciderai a studiare matematica?”, “Questo si fa in questo modo”, “Sei così silenzioso che non ti farai nessun amico” con: “Hai visto che bravo che sei con il computer?”, “Che belle fotografie che fai!”, “Come sei ordinata!”, “Mi piacerebbe molto leggere quello che scrivi”.

La sua autostima non potrà che esserne felice. E vedrai che negli ambiti di suo interesse il bambino riporterà i maggiori successi, che siano scolastici, sportivi, artistici o sociali.

Due accortezze.

1) “I tuoi colleghi sì che trovano il tempo per andare in palestra in pausa pranzo”

I paragoni, che siano con il mondo degli adulti o con altri bambini, non servono a niente. “Alla tua età io…”, “Guarda tuo fratello…”, “Quei bambini sì che…”. Ogni bambino è diverso dagli altri, ha doti diverse e diversi tempi di sviluppo. E anche diversi modi di veicolare il proprio talento (vedi i due tennisti Borg e McEnroe).

Non è ancora nata la ricerca scientifica che attesti gli effetti positivi dei confronti – se non le litigate capitali tra fratelli, le amicizie del cuore infrante, le acerrime vendette e cosette così.

2) Imprese a metà tra le formiche e la Tanzania

È importante che le sfide siano adatte all’età e alle capacità dei bambini. Se sono troppo facili, possono risultare noiose e non motivanti. Se invece sono troppo difficili, è probabile che il bambino se ne senta schiacciato e abbia l’istinto di rinunciare.

Insomma, fidati della bussola del tuo buon senso e scegli un’opzione a caso a metà tra la conta delle formiche e la vacanza estrema in Tanzania.

Idee: può cucinarsi da solo il pranzo, trascorrere una mattina insieme a te sul greto di un fiume di montagna, scrivere e spedire una mail di lavoro che gli detti, fare un viaggio in treno da solo, chiamare i parenti per una cena. 

3) Fagli le coccole e i complimenti (non solo su Instagram)

Anche oggi hai pubblicato un post strappalacrime in cui parli del tuo ‘nanetto’ lontano che non senti da giorni?

Be’, sappi che i cuori che gli disegni a matita su un foglio di carta valgono molto di più di quelli che pubblichi sui social accanto alla sua foto.

Ai bambini interessa quello che viene detto e fatto sentire di persona, non le grandi dichiarazioni via etere, gli esibizionismi caccia-like o i ringraziamenti pubblici in pompa magna. Tra l’altro, hanno una sorta di radar per le mezze-verità degli adulti.

L’autostima dei bambini vive dell’affetto sincero dell’ambiente che lo circonda.

Sentirsi amato per quello che è e non per quello che fa o non fa è l’essenza della stima per se stessi.

L’amore della famiglia protegge dal confronto nevrotico con gli altri, dall’insicurezza, dall’idea di doversi guadagnare l’approvazione del mondo attraverso le proprie azioni.

Non c’è niente di peggio, per l’autostima di un bambino, del non sapersi apprezzato dalle persone che considera importanti. Oppure del sentirsi apprezzato a intermittenza, solo quando si comporta come gli adulti ritengono giusto.

Ogni volta che ti viene voglia di abbracciare/baciare/stropicciare un bambino di famiglia, fallo.

Ogni volta che manifesta una caratteristica che ti piace, diglielo. Lasciati alle spalle quelle fastidiosissime, inutili leggende metropolitane del tipo: “Certe cose le devono dire gli altri”, “Non voglio che si monti la testa e diventi arrogante”.

L’entusiasmo è una cosa naturale e bella, e i bambini lo adorano. Tanto più che i proverbiali estranei di solito hanno la cattiva abitudine di tenersi per sé quello che pensano, o di fare commenti faziosi.

Pensa a quante volte ti farebbe piacere, anche adesso che sei adulto, ricevere dei complimenti sinceri dopo che ti sei impegnato a fondo in un progetto di lavoro. A quanto è bello ricevere una dichiarazione d’amore dal tuo partner. (Prova a sostenere con lui/lei che certe cose te le debbano dire gli altri…)

Se anche tu pensi che oggi le lamentele e le critiche vengano espresse di continuo mentre i commenti positivi sembrano in via d’estinzione, comincia con i tuoi bambini. Lascia stare le (c)ostruzioni mentali e fai quello che ti viene spontaneo.

4) Licenzia il giardiniere

Affida ai bambini compiti esclusivi di cui possano occuparsi con regolarità. Compiti utili e rilevanti, che facciano parte della realtà adulta. Trasmetterai fiducia in loro e questo li renderà orgogliosi e motivati. Prendersi cura di piccoli progetti, occuparsi del giardino, apparecchiare/sparecchiare la tavola sono delle semplici ma grandi palestre d’intelligenza.

Lascia che provi e che faccia da solo. Se lo vedi faticare o rallentare, non intervenire prima che te lo chieda. Quante carriere artistiche ha stroncato il tristemente famoso “lascia, faccio io”!

Oltre a una sana autostima, è possibile notare una buona dose di effetti collaterali positivi: si svilupperanno responsabilità, autonomia, capacità organizzativa e altro ancora.

Ti accorgerai per esempio che, di fronte a incarichi molto concreti e reali, i bambini che di solito hanno un rifiuto per i compiti scolastici mostrano un approccio ed energie tutti diversi. Vedrai che sono capaci di attenzione e dedizione.

Insegna a portare a termine i compiti che iniziano. Anche se recalcitrano, poi proveranno soddisfazione per la perseveranza che hanno dimostrato e senso di efficacia per essere arrivati alla fine del traguardo.

(E nella remota eventualità che l’origano si secchi, potrai sempre usarlo sulla pizza…).  

Idee: mandarlo a fare la spesa, fargli amministrare una piccola somma di denaro mensile, chiedergli di giocare insieme al fratellino più piccolo, fargli scegliere i jeans nuovi che si deve comprare.

E tu? Come parli con i piccoli di famiglia? Hai già provato a ‘licenziare il giardiniere’?

Scrivilo nei commenti.

A presto!

Silvia 

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Luigi

Articolo che i genitori moderni dovrebbero stampare…nella mente! Soprattutto il passaggio inerente l’inutilità delle coccole via social, in un mondo in cui si fa a gara a chi mette più foto dei propri figli online, ma nell’ambiente domestico reale poi li maltratta fino, in casi estremi, alla morte.
Complimenti a Silvia per questo articolo, mi piacerebbe leggerne altri del genere!

Silvia Valerio

Ciao Luigi, e grazie per i tuoi complimenti!
La speranza è proprio che certi ‘semi digitali’ possano diffondere un po’ di sana autenticità in più. :*
A presto!

Carlo

Bellissimo articolo. Un elenco intelligente e ben scritto di consigli che ognuno di noi dovrebbe mettere in pratica, in famiglia ma non solo. Davvero si limiterebbero tanti problemi che poi diventano pesanti da risolvere in età adulta.
Brava Silvia e bravo Andrea: davvero ottime queste collaborazioni!

Silvia Valerio

Grazie mille, Carlo!

Christian

Strategie pratiche da applicare anche su noi adulti. La nostra disistima e distimia la proiettiamo sui nostri figli. Li consideriamo spesso una nostra appendice. Vi riponiamo aspettative personali che non li riguardano, come fossero lo strumento per un riscatto dai nostri fallimenti e dalle nostre frustrazioni. I figli non sono la nostra longa manus, non sono nostre proprietà. Hanno una loro identità e unicità che vanno riconosciute e sostenute. Pena la loro spersonalizzazione.
Complimenti Silvia. Istruzioni illuminanti per genitori che brancolano nel buio della loro inadeguatezza. Si può rimediare anche a questo, come hai magistralmente suggerito.

Silvia Valerio

Grazie, Christian! Quello di considerare i bambini appendici proprie e materia neutra da incidere, che si tratti di genitori, insegnanti o educatori vari, è probabilmente il vizio più nocivo nell’ambito della pedagogia.
Un caro saluto!

Piero

Ciao,
I bambini, no ho 3, sono meravigliosi, la palestra più dura che esista, ma anche l’unica scuola che valga la pena frequentare e quella che insegna di più. Hai scritto parole verissime e utili, Grazie.
Parola di papà.

Silvia Valerio

Ciao Piero, grazie a te, davvero!

Deborah

O mamma quanto sono sbagliata come madre…. ho sempre odiato i paragoni e giudizi di mia mamma… ma non riesco a essere diversa da lei

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