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Buon lunedì.

Un paio di anni fa avevo letto la storia di questo pazzo che aveva deciso di completare 50 Ironman, in 50 giorni consecutivi nei 50 diversi Stati americani (la cosiddetta sfida 50-50-50).

[Un Ironman è una particolare tipologia di gara estrema che prevede il completamento, in un’unica sessione, di: 3,86 km di nuoto180,260 km in bicicletta e 42,195 km di corsa‘Na passeggiata di salute insomma!]

Il pazzo in questione è tal James Lawrence, triatleta di origini canadesi soprannominato The Iron Cowboy.

Onestamente mi ero dimenticato di questa storia, finché, qualche settimana fa, non mi è capitato di vedere un documentario dedicato proprio all’impresa 50-50-50.

Nel lungometraggio, intitolato “Iron Cowboy” appunto, James viene seguito per tutta la durata della sua sfida.

Vederlo macinare km su km, a nuoto, in bici e di corsa per 12-13 ore al giorno e poi spostarsi in caravan lungo le distese americane per raggiungere il successivo Stato in cui gareggiare, dormendo appena 2-3 ore a notte, ha dell’incredibile.

Ti fa davvero pensare su quello che sia il reale potenziale del corpo umano.

Eppure, a colpirmi particolarmente di questo documentario è stato il momento in cui James è lì lì per mollare (all’incirca dopo il 30° Ironman consecutivo).

Uno pensa…

– Sarà per via dell’enorme stanchezza fisica e mentale.
– Sarà per via della caduta in bici qualche giorno prima.
– Sarà per via della disorganizzazione del team di supporto.

No.

James Lawrence, The Iron Cowboy, l’uomo che fino a quel momento è riuscito a completare 30 ca**o di Ironman in un mese, in 30 stati diversi, nelle condizioni meteo più assurde, sta per mollare per via…

…dei commenti negativi che l’impresa stava ricevendo in quel momento sui social.

Ti giuro!

Questo povero cristo stava compiendo una sfida ai limiti di ciò che è umanamente possibile e puntualmente, ogni giorno, veniva inondato di letame digitale da gente seduta sul divano che aveva da ridire sul rispetto puntuale del comma 24.B della sezione 3 del regolamento della salaminchia!

Assurdo!

Questo retroscena mi ha fatto però riflettere su due cose:

1) Qualsiasi cosa tu deciderai di fare nella vita, qualcuno avrà da ridire: magari saranno i tuoi genitori, i tuoi amici, i tuoi colleghi o forse un perfetto sconosciuto seduto su una poltrona dietro una tastiera, mentre tu sei seduto sul sellino della bici, sudando i tuoi 180 km della giornata!

2) Puoi essere il triatleta più cazzuto del mondo e aver sviluppato una resistenza fisica e mentale sovraumana, ma se non impari a schermare i tuoi pensieri dal giudizio degli altri e dalla tua stessa negatività, sei fregato.

E tu? Quale “Ironman” ti aspetta nei mesi a venire? Ma soprattutto, cosa stai facendo per sviluppare una barriera impenetrabile alla melma che ti spaleranno addosso?

Se può esserti utile, in questo articolo di approfondimento ho fornito alcune delle migliori strategie per fregarsene del giudizio altrui:

Paura del giudizio altrui? Comprenderla e liberarsene

Buona lettura e buona settimana.

Ps. Per la cronaca, il nostro amico James alla fine ha deciso di non mollare e ha portato a termine i 50 Ironman, in 50 giorni in 50 Stati, con buona pace dei suoi haters ;-)

Andrea Giuliodori.

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